La sesta estinzione di massa del pianeta è già in corso, e stavolta gli unici responsabili siamo noi esseri umani
La “sesta estinzione” è diversa dalle precedenti perché causata da una singola specie: la nostra. In 5 secoli sono scomparse dal nostro pianeta tra il 7,5 e il 13 per cento delle 2 milioni di specie conosciute. È in corso la sesta estinzione di massa, anche se qualcuno è ancora scettico al riguardo. La “sesta estinzione di massa”, fondamentalmente è la storia di due uomini di scienza, di due Cassandre. Una si chiamava Edward O. Wilson, l’uomo che sussurrava alle formiche (sapeva tutto di loro e ha scritto interi poemi sulla loro vita straordinaria di insetti eusociali), ma che fu anche tra i primi, negli anni ottanta del secolo scorso ad Harvard, a sostenere che la distruzione degli ecosistemi da parte della specie umana stava portando alla «sesta estinzione di massa» della biodiversità, la sesta dopo le cinque ecatombi registrate nella documentazione fossile. Gli diedero del catastrofista, dissero che le statistiche erano inaccurate, ma adesso il termine «sesta estinzione» è usato nei documenti scientifici ufficiali. Del resto, nel 1992 fu proprio Wilson a diffondere presso il grande pubblico il neologismo stesso, «biodiversità», cioè la diversità della vita a tutti i livelli, dai geni agli ecosistemi. Diceva che distruggere la foresta pluviale per un guadagno economico è come bruciare un dipinto del Rinascimento per cucinare la cena.
I danni dell’homo sapiens.
Calcolò il numero di specie che abbiamo sistematicamente estinto dall’invenzione dell’agricoltura in poi, arrivando a una conclusione piuttosto scomoda: in una dozzina di millenni abbiamo fatto danni equiparabili alle cinque grandi estinzioni di massa del passato, prodotte di volta in volta da impatti di asteroidi, da eruzioni vulcaniche parossistiche, dalla deriva dei continenti, da cambiamenti climatici. Insomma, da sconvolgimenti ecologici su larga scala, l’ultimo dei quali, il sesto, siamo noi. Il penultimo, avvenuto circa 66 milioni di anni fa, è il più famoso e cinematografico: un grande asteroide colpì in pieno la Terra cadendo vicino alla penisola dello Yucatán nel golfo del Messico (si chiama ancora così) e il cataclisma di incendi, gelo e tsunami che seguì spazzò via due terzi delle forme di vita, inclusi quasi tutti i dinosauri (non tutti perché tre piccole famiglie sopravvissero e divennero gli antenati degli uccelli attuali).
Wilson aggiungeva che l’ignoranza non è un alibi e che un giorno non potremo dire che non lo sapevamo. I dinosauri non capirono cosa stava succedendo e perché il cielo stava cadendo sulle loro teste, noi invece conosciamo esattamente le cause della sesta estinzione. È il frutto non di un singolo comportamento distruttivo, bensì della silenziosa e micidiale convergenza di cinque fattori e delle loro interazioni non lineari: in primo luogo, la riduzione e la frammentazione degli habitat, soprattutto a causa della deforestazione (che aumenta anche il rischio di pandemie); poi la disseminazione di specie invasive, un autentico disastro per le specie endemiche; l’inquinamento chimico, agricolo e industriale; la crescita sproporzionata della popolazione umana (abbiamo passato gli otto miliardi); infine, lo sfruttamento eccessivo delle risorse biologiche attraverso caccia e pesca intensive. A questo cocktail mortale possiamo ora aggiungere gli effetti di rinforzo del riscaldamento climatico globale. Una tempesta perfetta.
(Fonte Corrie della Sera)