Cronaca

Svolta nel sistema sanitario toscano, in quindici pronto soccorso arriva la figura del “facilitatore”

Un milione e mezzo di euro, quindici pronto soccorso coinvolti e una nuova figura in corsia: il facilitatore. Con una delibera approvata dalla giunta regionale, la Toscana diventa la prima Regione in Italia a sperimentare per un anno questa figura non sanitaria, nata con lo scopo di ridurre le tensioni, prevenire aggressioni e migliorare la comunicazione tra personale ospedaliero e pazienti. Un’iniziativa che pone una domanda cruciale: è un passo avanti verso un sistema più umano o il simbolo estremo di un sistema – è società – al collasso?

I numeri parlano chiaro. Gli ospedali toscani – come del resto quelli di molte altre regioni – sono sotto organico. I pronto soccorso si trasformano troppo spesso in luoghi di esasperazione: ore d’attesa, informazioni frammentarie, personale stremato e cittadini frustrati. In questo scenario, le aggressioni verbali e fisiche a medici e infermieri non sono più eccezioni. Secondo i dati forniti dal sindacato Anaao-Assomed, la causa principale degli episodi violenti è proprio la carenza di comunicazione unita al sovraffollamento e alla lentezza delle prestazioni.
Per invertire questa rotta, la Regione ha scelto di investire in una figura innovativa: non un medico, né un infermiere, ma un professionista formato in comunicazione empatica, gestione delle emozioni, de-escalation, psicologia dell’utenza e conoscenza di base del sistema sanitario. Il suo ruolo sarà duplice: mediare tra pazienti, familiari e operatori sanitari, fornendo informazioni e ascolto, e agire nei momenti di tensione per disinnescare conflitti potenziali.

In merito. «L’intervento nasce per stimolare una cultura dell’accoglienza e della disponibilità», spiega il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani. «Ma è anche una misura concreta per fronteggiare una situazione divenuta critica, frutto del confronto con aziende sanitarie e sindacati», aggiunge l’assessore al diritto alla salute Simone Bezzini.

Il progetto partirà nei 15 pronto soccorso con il maggior numero di accessi: presenza h24 nei grandi hub di Careggi, Pisa e Prato, e copertura diurna (12 ore) negli altri tredici ospedali principali. Nei mesi estivi, da giugno a settembre, il servizio sarà attivo anche negli ospedali delle località turistiche (Cecina, Piombino, Orbetello, Portoferraio).
A coordinare il piano sarà una cabina di regia regionale guidata da Giovanna Bianco, responsabile Prevenzione della Regione. Saranno valutati gli impatti sul clima interno, aggressioni e soddisfazione dell’utenza. Al termine dell’anno, si deciderà se rendere il facilitatore una figura permanente.
La misura è stata accolta con interesse ma anche con perplessità. Da un lato, si riconosce l’importanza di migliorare il dialogo in un momento delicato come l’accesso al pronto soccorso; dall’altro, la necessità di creare una figura di “traduttore emotivo” tra cittadini e medici è anche il segnale drammatico di un sistema che fatica a reggere. Il vero problema, denunciano sindacati e operatori, resta la cronica carenza di personale e la difficoltà a trattenere medici e infermieri nei reparti d’emergenza.

Dunque, siamo davanti a un modello da esportare, capace di umanizzare la sanità pubblica, o al triste risultato figlio di anni di tagli e disinvestimenti?
La risposta arriverà, forse, tra un anno. Ma intanto, nei corridoi dei pronto soccorso toscani, inizia la prova del facilitatore. Saranno le esperienze a dare la definitiva sentenza.

 

C. N.