Cronaca

“Stepchild adoption”, coppia gay adotta una bimba di 5 anni, figlia biologica di una delle due donne

Le coppie omosessuali, unite civilmente, non possono adottare bambini in Italia se non in casi rari e specifici, ed è quello che è accaduto a due donne 40enni che lavorano nella sanità in Toscana. Si sono avvalse della cosiddetta “stepchild adoption”,  ovvero l’adozione del figlio biologico del partner. La Corte Costituzionale e la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo hanno evidenziato più volte le disparità di trattamento tra figli di coppie eterosessuali e figli cresciuti da coppie omosessuali, e la Cassazione nel 2016, con una storica sentenza, ha riconosciuto il diritto delle coppie omosessuali di adottare un bambino, in caso di “stepchild adoption”, come per le coppie gay. Proprio da queste conclusioni il Tribunale dei Minorenni di Firenze, lo scorso 10 marzo, ha concesso a una donna di adottare la figlia della sua compagna. Nel procedimento giudiziario, obbligatorio in questi casi, è emerso che la donna ha richiesto l’adozione della bambina di 5 anni che è la figlia biologica della sua compagna. Le due donne hanno instaurato da tempo (2015) una relazione sentimentale, basata su una forte intesa e condivisione di valori comuni, e nel 2016 hanno deciso di convivere e infine si sono unite civilmente nel 2018. Nel 2020 il percorso intrapreso di fecondazione e procreazione assistita in Spagna è stato condiviso da entrambe. Tutte e due lavorano stabilmente nella sanità in Toscana  e si sono prese cura della piccola insieme dall’inizio, e dai servizi sociali la bimba viene descritta “come una bambina serena, curiosa ed in linea con le tappe di sviluppo e mostra un naturale attaccamento verso entrambe le donne che si mostrano capaci di svolgere il ruolo genitoriale”. Tutti questi passaggi sono fondamentali perché il giudice deve verificare l’esistenza di tutta una serie di condizioni affinché possa concedere l’adozione. Per il Tribunale dei Minorenni di Firenze quindi si tratta di una coppia solida, complementare, desiderosa di portare a compimento il progetto di una famiglia con la maggiore serenità possibile. Entrambe hanno una famiglia alle spalle che le appoggia e tutti i parenti costituiscono un punto di riferimento affettivo per la bambina. Anche l’ambiente familiare è stato giudicato molto curato e con spazi adeguati alle esigenze della bambina. “Può ritenersi conclusivamente che entrambe le donne sono sempre state paritariamente punto di riferimento per la bambina e che l’organizzazione familiare è  calibrata in funzione delle esigenze della piccola”, che sono il punto fondamentale dell’intera vicenda, anche da un punto di vista giuridico. Le due donne hanno dimostrato, in pratica, di poter far fronte in  modo continuativo e adeguato alle esigenza della bimba, “svolgendo ruoli complementari e interscambiabili a seconda dei loro impegni lavorativi in un clima di armonia familiare e di profonda fiducia”. Inoltre per i giudici fiorentini hanno anche dimostrato di essere dotate degli strumenti adeguati per farle comprendere la sua storia, le caratteristiche della sua famiglia e le sue origini. “Alla luce di quanto sopra sinteticamente ricostruito in fatto, può ritenersi perciò che il sistema familiare e la situazione vissuta dalla minore sia del tutto adeguata alle sue esigenze che sono primarie”. La bimba ora è figlia di entrambe a tutti gli effetti e avrà il cognome della compagna della madre biologica come secondo cognome.

 

(Fonte Corriere Fiorentino)