Sinner immenso vola in semifinale agli Internazionali di Roma, prestazione superba per battere Ruud, e il Foro Italico va in estasi
15 Maggio, 21:13. Diario dello spaccato di un pomeriggio recente che è già diventato narrazione d’estasi, mito, leggenda e perla dal brillio futuro e imperituro. Roma, Roma Capoccia, Roma libera e testarda, Roma svogliata e vecchiarda, Roma pungente e strafottente, Roma labile, capricciosa e irriverente.
Roma d’andata e ritorno, da Foro a Trionfo, da abbracci e baci d’intimità d’insieme e di fregna e Roma che s’è svestita di nuvole e minacce per brillare al tramonto, su riverbero di Tevere, Scintilla. Roma, formichiere affamato che di bellezza tira e trita anche il fiato.
15 Maggio, 21:22. E ancor non son desto, pur mezzo vigile dopo un quasi k.o. dato per cotanta meraviglia ad un pugile, mentre torno anch’io fra Moje, cana e gatti com’Ulisse stremato perché lo Schiaffo di Dio – poco fa – più volte ha tuonato. Sentenziato. Roboato. Annichilito e annientato. 15 Maggio, 21:35 E c’è poco da dire e ridire per quel che abbiam visto. C’è solo un dato, uno soltanto, per riallacciare le fila delle gesta inconsulte e abbattenti di un Cavaliere Roscio che – con sguardo di ghiaccio e terremoto furente nel cuore – è tornato.
Un dato, uno soltanto, che in verità non è neanche tale, ma fotogramma impresso a fuoco vivo nella mente e nell’anima / per sempre / di spettatori e scrivente.
Uno, uno soltanto, scatto istantaneo di resa perenne alla furia cieca d’Achille che piomba, azzera e non molla.
Uno, uno soltanto, diapositiva di rassegnazione vivida, viva e pur in estremo – per impotenza – quasi estatica e di liberazione felice. Campo Centrale, Foro Italico, terra di rabbia e di fuoco su scarpe come Arena già troppo spenta d’ardore. Click, fermo immagine, silenzio. Accecante e assordante silenzio. Palla. Dentro. Dopo battaglia estenuante. Ruud – signor Campione da lontano venuto con talento gentile e sereno, uomo duro da terra e che su terra ha costruito la sua porzione d’Impero – alza le braccia al cielo, leggero. Sorride, mentre il Centrale interrompe l’orgasmo e il silenzio d’apnea per scrosciare di mani applaudenti e di urla al “morituro” tributo. Click, fermo immagine, silenzio. Accecante e assordante silenzio ritorna. Per immagine sembra abbia vinto lui, altro cavaliere gentile ed errante da lontano venuto.
Errato. Errato. Quelle braccia alzate in segno di gloria segnano, invece fregna, la resa. 6-0 2-1. Primo game strappato, pur al servizio, dopo otto patiti sotto una pioggia di Schiaffi di Dio. Ecco, per me oggi la partita è stata quasi tutta qui, ché per esprimere al meglio l’accecante bellezza di Jannik non basterebbe l’Iliade, per oggi. Ecco, per me oggi è stato questo il match di quel Cavaliere che sembrava spaesato e invece – come metamorfosi che da grandezza trasuda e diventa immensità di per sempre e infinto – e che invece, invece fregna, ancora più devastante è tornato. E no, non servono commenti tecnici e non serve – adesso – segnare circoletti rossi su una prestazione che più che di umano profuma e disegna sovraumano. No, non serve nulla di tutto ciò.
Perché chi parla solo di quelli, chi conta soltanto la predominanza tecnica ed atletica non ha ancora capito un bel niente, accecato dal momento e dall’istante più che dalla Storia che ancor s’ha da fare. Oggi, sul Centrale di Roma, non si è giocato un match di Tennis. No, manco per niente. Oggi, su quel Centrale, Jannik si è scrollato di dosso le briciole truci di tre mesi di Purgatorio ingiusto ed infame. Oggi, su quel Centrale, Sinner si è scrollato il pulviscolo che si perde nell’eco dell’Eterno dei miscredenti serpenti che lo credevano morto. Oggi, su quel Centrale JannikScintilla s’è spogliato d’Armatura per indossare – ora e per sempre – Corazza nuova, diamantifera, DoloMitica e mortifera come i suoi occhi senza più benevolenza e pietà sportiva. Oggi, su quel Centrale, SinnerBello ha mostrato al Mondo le sue nuove – fulgenti – sembianze. E se ha annientato così un campione che ha sempre parlato bene di lui, che gli è stato sempre stato vicino, immaginate cosa succederà a tutti gli altri. E voi altri, dopo averlo appena immaginato, iniziate a scappare. Perché se non domani, per altri dieci anni questo sarà il sangue da versare sul suo altare.