Polvere di stelle

“Silo”, la serie di cui non sapevate di aver bisogno, con Rebecca Ferguson e Tim Robbins

Rebecca Ferguson

“Silo”, la serie di cui non sapevate di aver bisogno, Rebecca Ferguson e Tim Robbins per due stagioni da favola in attesa della terza

Immaginate di svegliarvi in un piccolo appartamento con le pareti di metallo. Non ci sono finestre e l’aria è stantia, avete poco tempo per prepararvi e andare a compiere il vostro lavoro. Non avete finestre per controllare se all’esterno piove o c’è il sole. Non c’è pioggia all’esterno solo un’enorme voragine a spirale che vi permette di salire o scendere fra i piani del vostro mondo. Ma non c’è tempo. Il lavoro chiama. Prendete il vostro pranzo comprato con dei buoni datevi dall’ufficio competente e iniziate a dirigervi al vostro ruolo assegnato. Sulle scale incrociate la persona che vive a fianco a voi, vi sorridete, vorreste fermarvi a parlare ma non è possibile, il vostro posto è 20 piani sotto, percorrendo quella enorme scalinata a spirale che va verso il basso. E poi, chissà se la relazione sarebbe approvata dai piani alti e anche se fosse approvata quanto passerebbe prima di avere il nullaosta per avere un figlio? Scendendo date una sbirciata alla caffetteria, un’enorme sala mensa. Li ci sono le finestre anche se altro non sono che schermi televisivi. Fuori è tutto come sempre, un panorama desolato di un mondo che non avete mai conosciuto, e non ci tenete a conoscere. Chiunque abbia deciso di uscire è lì, all’interno di tute spaziali inerti abbandonate appena fuori la porta. In vista di tutti sulle finestre schermi. Un monito sinistro per ricordarvi che fuori non si può andare. La vita può prosperare solo all’interno del Silo, non importa quanto il proprio lavoro sia degradante, a quanti controlli siate sottoposti o quanto la vostra capacità di decisione sia scarsa. Esiste la vita nel Silo o la morte all’esterno.

Arrivati sul posto di lavoro, qualcosa attira la vostra attenzione, è lì a terra, null’altro che un cilindro con attaccata la testa di una mascotte dei Looney Tunes. Rabbrividite, raccogliendo l’oggetto vecchio e polveroso. é un oggetto proibito, una reliquia dei tempi andati e chissà che danni può fare. L’unica cosa giusta da fare è consegnare quello strano oggetto ai Giudiziali, una classe di popolazione come ce ne sono tante all’interno del Silo. Ma quando l’ho consegnato – vi chiedete – mi chiederanno da dove proviene, come me lo sono procurato….e potranno mai credere che l’ho semplicemente trovato a terra? La paranoia inizia a consumarvi, le punizioni possono essere tremende.
Tutto questo che vi ho appena descritto è uno spaccato di Silo, serie esclusiva Apple + creata da Graham Yost e basata sull’omonima serie di romanzi di Hugh Howey (nove in tutto, poi riuniti in tre volumi) che vanta un cast d’eccezione fra cui una protagonista ispirata e clamorosa come Rebecca Ferguson e nomi come Rachida Jones (The Office, Parks and Recreations) Tim Robbins (Le Ali della Libertà, La Guerra dei Mondi) e il Rapper Common.
Passata in secondo piano e fra il parziale silenzio della stampa di settore che spesso spinge troppo e alle volte senza ragione su altri titoli di piattaforme di streaming meno giovani, Silo è una vera sorpresa. Un assolutamente non piccolo capolavoro di narrazione e analisi sociale dove il mistero cardine della serie ovvero COSA C’è FUORI DAL SILO è uno splendido McGuffin che permette di costruire due stagioni dense, sapientemente scritte, girate e recitate attraverso lavoro di world building raramente così abilmente narrato allo spettatore senza annoiarlo ne confonderlo. Ogni episodio potrebbe essere un piccolo film indipendente, un’unità narrativa intensa dove lo spettatore impara, minuto dopo minuto, scena dopo scena, sempre più sul mondo circostante mentre assiste a intrighi e drammi umani e sociali.
Si, perchè se il paragone con la serie creata da Brian Fargo e Chris Avellone basata su una serie di videogames di successo chiamata Fallout inizialmente è dovuta ed ovvia (e sicuramente Hugh Howie mentre scriveva i romanzi si è giocato sicuramente i primi due titoli della storica serie e guardato con piacere il film Snowpiercer) le similitudini terminano quasi subito. Certo si tratta di un enorme bunker a prova di apocalisse, certo le cose non sono
proprio chiare e lo stesso bunker potrebbe avere un secondo fine e SICURAMENTE quello che vediamo all’esterno dai monitor non è la verità delle cose ma dove Fallout è satira sociale, humor nero, follia post atomica tanto cara a George Miller e splatterosa leggerezza Silo è mistero, dramma umano, desiderio di ragione e chiarezza e tanta tanta paranoia.

Senza fare alcuno spoiler, l’umanità di Silo è simile al mito della caverna di Platone che la maggior parte di noi ha studiato al liceo, Un’umanità a cui vengono fatte vedere ombre proiettate su una parete di una grotta e la definiscono realtà assoluta. Uscire dalla grotta e vedere il mondo ha esiti catastrofici. Per mondo fuori non intendiamo solo l’esterno del Silo ma farsi domande sul prima dell’epurazione che rese tante reliquie illegali e in cui vennero cancellati gli archivi dove c’era la storia del mondo e tanto altro. Non ci è dato sapere cosa è successo in passato o perchè siamo chiusi nel Silo, non sappiamo perché noi siamo assegnati a lavori pesanti nelle profondità del Silo mentre altri hanno ruoli in alto ai piani superiori, non sappiamo perché ad alcuni è dato avere figli mentre ad altri non viene accordato.
Ogni episodio e quindi ogni intreccio di Silo parte da una domanda di una persona, da un quesito interiore da un dubbio. Cos’è questa reliquia proibita e perchè è così pericolosa (e noi spettatori sappiamo che altro non è che uno sparacaramelle marca PEZ)?, perchè nonostante mi sia stato tolto il contraccettivo non riusciamo ad avere figli? e così via, episodio dopo episodio ogni domanda porta a una nuova narrazione ogni narrazione porta ad altre domande e ad un ampliamento della nostra conoscenza del mondo circostante attraverso diversi protagonisti e comprimari e mentre i protagonisti acquisiscono coscienza e conoscenza noi riusciamo ad avere sempre più un quadro inquietante e preciso di cosa sia o possa essere il Silo e quale possa essere il suo scopo.
L’unicità di Silo sta in questo. Un mistero continuo che si evolve ad ogni nuova scoperta, una scatola cinese che da minuscola diventa sempre più grande, affascinante e vasta. Per farvi un primo esempio, il quesito che vi porrete appena iniziata la serie verrà risolto e soddisfatto entro un paio d’ore al massimo ma altri quesiti sorgeranno, quesiti che, come i protagonisti della vicenda, voi spettatori vorrete andare a risolvere e in men che non si dica vi ritroverete a bruciare 20 episodi di rara bellezza e ad attendere in trepidante attesa, come succedeva ai vecchi tempi, della terza e quarta stagione che, per la gioia degli spettatori e spero vostra stanno venendo girate Back to Back per accorciare i tempi di produzione.

In conclusione Silo è una serie di cui non sapete di aver bisogno ma che vi terrà incollati sin dalle prime battute grazie ad una scrittura abile che mette il dramma umano e l’intreccio a servizio del world building, una regia di alto livello e una fotografia e sonoro deliziosamente opprimenti e soffocanti e ultimo ma non ultimo un cast ispirato che regala interpretazioni intense e memorabili. Due stagione già disponibili, in attesa della terza già in programmazione.