Semifinali del Roland Garros: l’attesa di Sinner contro Djokovic e di Musetti contro Alcaraz
Vorrei cominciare da qui, proprio da qui. Da qui, dall’attesa, dall’adesso fulgente, accecante, ansioso e sperante. Vorrei cominciare da qui, dal respiro sospeso di questa lieve giornata di giugno che sa di presagio e di gloria, mentre Parigi – vestale della terra rossa – trattiene il fiato come una madre che teme e desidera insieme il destino dei figli che ha generato. Vorrei cominciare da qui. Sì. Perché domani non è un giorno. Domani è l’Evento. Domani è ennesimo battesimo e Apocalisse. Domani l’Italia tutta – di terra, di passione e di sangue – salirà a corte dell’Olimpo, portando in dono due guerrieri giovani e furenti, figli del nuovo mondo, forgiati nel marmo e nel gelo, nello spirito e nel sogno: Jannik Sinner e Lorenzo Musetti. I due affronteranno Djokovic e Alcaraz.
Due ragazzi. Due dèi forse ancora imperfetti ma proprio per questo perfetti. Due che il Mondo per poco tempo ha creduto belli, sì, ma forse non così degni o acerbi – e che invece domani brandiranno la spada contro i Titani del nuovo e d’antico.
Jannik, il roscio fulgente, Scintilla d’Infinito e proibito, figlio dei ghiacci – il DoloMitico – più simile a un eroe dei Canti Nordici che a un mero tennista di carne e di nervi. L’altro – Lorenzo – poeta e giocoliere Magnifico, figlio del mare e del marmo, mani fatte per accarezzare l’aria e frantumare il tempo, braccio di reincarnazione di Re Roger ad accarezzare danzando di rovescio il destino.
E lì, davanti a loro, i mostri.I giganti. I custodi dell’era che muore e dell’era che nasce. Novak Djokovic. Non uomo, ma spettro vivente e battente di tutti i trionfi passati. Il Titano che rifiuta la morte. Il vampiro del Tennis, ancora vivo, ancora lì, ancora a mordere la gola del presente con la sua volontà di vittoria e potere. Un semiDio dello Sport che ha visto interi pantheon sorgere e cadere – e che domani ruggirà per difendere la sua ultima roccaforte. Carlos Alcaraz. Non già un ragazzo, ma il Centauro che corre col fulmine nel petto. Figlio di un’epoca nuova che già scorre nelle vene del mondo.
Braccio di Marte, sorriso di Apollo, corpo forgiato dal sole di Murcia e dall’argilla di mille campi. È la furia, la fame, l’urgenza del presente che divora il futuro.
Domani insomma l’Italia non gioca. Domani l’Italia si sogna. Domani l’Italia si pianta nel cuore di Parigi come un vessillo insanguinato di nostre passioni, di nostre utopie realizzate e di nostre – sempre più nuove e fulgenti – speranze. Domani l’Italia – da ogni lato e distanza – si mette in cammino su quella terra sacra che odora di sudore e leggenda. Domani Sinner dovrà abbattere un semidio che sì, sembra quasi immortale. E Lorenzo dovrà domare il fulmine. Domani sarà lotta. Sarà sangue, sarà grazia, sarà caduta e redenzione. Domani nessuno sarà più ragazzo. Né Jannik. Né Lorenzo. Né noi. Domani, sotto il cielo greve di Porte d’Auteuil, ogni scambio sarà un verso, ogni colpo sarà un destino, ogni punto sarà spartiacque di un’epoca. O si rompe il ciclo — o si verrà inghiottiti da esso.
E no, cari appassionati in viscere e anima che allietate questo canto di piccolo scriba. No, anime belle, stanotte non si dorme. Stanotte si veglia. Veglia l’Italia intera. Veglio io. Vegli tu. Veglia ogni cuore che abbia ancora sete di epopea e di sogno. Stanotte si scrivono lettere ai figli non ancora nati. Stanotte si affilano metafore e si piegano ginocchia.
Perché domani — domani sì — la storia si farà carne. E la carne diventerà canto. Domani si va a conquistare il sole o si muore. Domani saremo lì, cuori uniti che cancellano differenze e distanze, tutti a corte d’Olimpo