Salvini taglia del 70% la manutenzione stradale per finanziare il Ponte sullo Stretto: scoppia la rivolta di sindaci, imprese e istituzioni
Ancora una volta il progetto del Ponte sullo Stretto, voluto con tenacia da Matteo Salvini, getta il Paese nel caos, suscitando sdegno e polemiche in maniera trasversale da nord a sud. Non bastano le proteste dei cittadini siciliani e calabresi, il parere contrario di esperti e istituti tecnici e le inchieste di cinque procure antimafia che indagano sulle pericolose infiltrazioni criminali nel progetto. Nemmeno il fermo no del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha respinto la squallida manovra per aggirare i controlli antimafia, è riuscito a frenare il ministro leghista.
L’ultima grana in ordine di tempo riguarda una decisione che rischia di mettere in ginocchio la sicurezza delle infrastrutture e la tenuta economica delle comunità locali: un taglio netto e drastico dei fondi destinati alla manutenzione stradale, pari al 70% per il biennio 2025-2026, con una sottrazione di circa 32 milioni su 45 originariamente stanziati. La riduzione arriva come parte di una manovra per dirottare ingenti risorse verso la costruzione del Ponte sullo Stretto, scelta che ha scatenato una rivolta senza precedenti di sindaci, province, Confindustria e associazioni di categoria in tutta Italia.
La Legge di Bilancio e il decreto Milleproroghe hanno di fatto ridotto di 1,7 miliardi di euro i fondi per la manutenzione e messa in sicurezza delle strade provinciali e comunali, e la sforbiciata si fa sentire soprattutto in questo primo anno, con un taglio superiore al 70% rispetto alle risorse previste. Comuni e province, a prescindere dal colore politico, si trovano così a dover bloccare cantieri essenziali, rinviare interventi di sicurezza e mettere a rischio la mobilità di cittadini e imprese.
L’assemblea dei presidenti delle Province, riunita il 15 maggio, ha lanciato un appello urgente al vice di Giorgia Meloni per riaprire un tavolo di confronto e ripristinare almeno i 385 milioni di euro sottratti per il biennio 2025-2026. Il leader del Carroccio ha tentato di minimizzare, sostenendo che i tagli sarebbero compensati da risorse destinate ad altri grandi lavori infrastrutturali, come il Terzo Valico, e ha negato qualsiasi collegamento diretto con il Ponte sullo Stretto. Una versione che non ha convinto né gli amministratori locali, né le opposizioni.
Il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, ha definito la scelta “grave, irresponsabile e pericolosa”, sottolineando come le riduzioni colpiscano risorse già destinate a progetti in corso e mettano a rischio la sicurezza stradale e il diritto alla mobilità. PD e M5S hanno presentato interrogazioni parlamentari, denunciando che mentre si tagliano fondi per la sicurezza delle strade, il governo aumenta lo stanziamento per il Ponte di oltre 2 miliardi, portando il costo totale dell’opera oltre i 14 miliardi.
Da Nord a Sud, la condanna è stata immediata e univoca, indipendentemente dallo schieramento politico. La presidente della Regione Sardegna, Alessandra Todde, ha parlato di “un altro schiaffo del Governo Meloni”, evidenziando il rischio per lavoratori, studenti e soccorritori costretti a viaggiare su strade secondarie sempre più insicure. Nel Piemonte governato dal centrodestra, territorio duramente colpito da questa decisione, sono esplose tensioni interne alla maggioranza stessa, con sindaci e presidenti di provincia che denunciano il “danno evidente e concreto” provocato da una riduzione di oltre 54 milioni di euro nelle risorse per le infrastrutture viarie. UPI Piemonte, Ance Piemonte-Valle d’Aosta e Confindustria Piemonte hanno espresso preoccupazione per l’impatto devastante sulle filiere produttive e la sicurezza, chiedendo un immediato intervento per il ripristino dei fondi e un piano di rilancio infrastrutturale.
Paola Malabaila, presidente di Ance Piemonte Valle d’Aosta, commenta: “La scelta mette a rischio la sicurezza delle nostre strade e blocca interventi strategici programmati e per quali è stata fatta la progettazione, quindi pronti da mettere in cantiere. Colpire gli enti locali su un tema tanto delicato significa fermare la modernizzazione delle infrastrutture e disattendere la fiducia costruita con i fondi del Pnrr”.
Andrea Amalberto, presidente di Confindustria Piemonte, rincara la dose: “Esprimiamo forte preoccupazione: i tagli alla manutenzione della rete stradale provinciale rischiano di aggravare le difficoltà già vissute in Piemonte con il blocco del Colle di Tenda e le criticità del traforo del Monte Bianco. La rete viaria secondaria, senza interventi costanti e strutturati, potrebbe diventare sempre meno percorribile. Questo comprometterebbe la logistica regionale, le filiere produttive e la competitività delle imprese. Anche i territori più periferici ne uscirebbero penalizzati, con un crescente rischio di isolamento. È fondamentale che governo e Parlamento rivedano al più presto le misure della legge di bilancio. Al Piemonte servono risorse, certezze e una visione strategica per garantire crescita, coesione e sviluppo.”
Persino l’Associazione Strade Italiane e Bitumi (SITEB) ha inviato una lettera al ministro Salvini, sottolineando il rischio di far tornare l’Italia a una situazione di emergenza nelle infrastrutture stradali, con ripercussioni pesanti per l’economia, il lavoro e la sicurezza di milioni di cittadini: “La rete stradale rappresenta un’infrastruttura essenziale per il Paese, sulla quale si basa il trasporto quotidiano di persone, merci e servizi”, si legge nel testo a firma del Presidente Alessandro Pesaresi, “un suo indebolimento colpirebbe direttamente la competitività delle nostre imprese e la sicurezza dei milioni di italiani e turisti che ogni giorno percorrono le nostre strade. Dopo anni di forti limitazioni agli investimenti, che hanno provocato un progressivo ammaloramento della rete, l’Italia aveva recentemente ripreso a intervenire in modo più strutturato. Ne è testimonianza la crescita della produzione di conglomerato bituminoso, che dal 2023 è tornato stabilmente sopra i 34 milioni di tonnellate (nel 2013 era sceso fino a 22 milioni). Secondo le nostre stime però, per garantire un livello accettabile di efficienza infrastrutturale servirebbero almeno 40 milioni di tonnellate annue. Il previsto brusco rallentamento degli investimenti rischia purtroppo di vanificare i progressi ottenuti e di riportare il Paese in una situazione di emergenza. Chiediamo di rivedere i tagli annunciati e di poter approfondire con i vostri uffici, dati alla mano, gli effetti della misura e per valutare insieme un percorso di pianificazione che tenga conto delle esigenze reali del Paese, della sicurezza stradale e della razionalizzazione della spesa pubblica”.
Il progetto del Ponte sullo Stretto si conferma quindi come una scelta dal costo sociale, economico e politico altissimo. Una vera e propria “razzia” di risorse pubbliche che va a discapito di interventi fondamentali, indispensabili per garantire la sicurezza e la vivibilità del territorio. La propaganda di Salvini fondata sulla promessa populista di un’ Italia “più veloce”, rischia invece di rallentare e mettere in pericolo il Paese.
Il paradosso è evidente: mentre si tagliano le risorse per mantenere sicure le strade su cui ogni giorno viaggiano cittadini, studenti e lavoratori, si destinano miliardi a un’opera fortemente contestata e irrealizzabile, simbolo di un governo incapace di ascoltare i bisogni reali del Paese. La follia di questo progetto, unita all’arroganza di scaricare i costi sulla sicurezza dei territori, si preannuncia come una bomba a orologeria pronta a esplodere e a trascinare con sé non solo Matteo Salvini, ma l’intero governo Meloni.