L’intrattenimento e la società più in generale si dividono in un prima e un dopo eventi clamorosi, tempeste perfette, opere così uniche che sconvolgono l’immaginario collettivo e la società intera. Nel cinema esiste un prima e un dopo Nascita di una nazione di David W. Griffith con l’introduzione del raccordo di movimento mentre prima si parlava attraverso i Tableaux, un prima e un dopo The Jazz singer, un prima e un dopo Flowers and Trees e così via.
E nella musica?
C’è un prima e dopo Elvis, un prima e un dopo I Beatles, un prima e dopo Woodstock, un prima e un dopo Bohemian Rhapsody e un prima e un dopo Smells like teen spirit dei Nirvana ma la musica non è un movimento omogeneo ma un caleidoscopio di sottoculture, movimenti ideologici , scuole di pensiero, cultura e contro cultura, nicchie e sottoculture. Lo stesso anno in cui i Queen sconvolgevano il mondo del pop con Bohemian Rhapsody, Bowie pubblicava Young Americans un disco Soul bianco in controtendenza dal Rock della sua persona di Ziggy Stardust, i Led Zeppelin pubblicavano Physical Graffiti , pietra miliare del Prog Rock in stretta competizione con Wish you were here dei Pink Floyd e va Johnny Rotten e Sid Vicious fondavano I Sex Pistols dando vita al movimento Punk. Tutto questo in un singolo anno solo se guardiamo l’Inghilterra! Nel 1975 qual’è stato l’evento che ha segnato un prima e un dopo? Ogni addetto ai lavori ha la sua opinione. Nessuna di queste è sbagliata. Un po’ come dire chi sia la mente che ha decretato l’identità dei Pink Floyd fra Barrett, Waters e Gilmour.
Ma per quanto sperimentale, parliamo sempre di musica appartenente all’umanità mai veramente relegata ad una sottocultura isolata come quella, ad esempio del metal o dell’Hip Hop.
Già l’Hip Hop. Un genere musicale profondamente radicato in una sottocultura appartenente ad un gruppo etnico ben definito ovvero gli afroamericani dei quartieri popolari piagati dal disagio sociale e la criminalità. In pochi sanno che dalle basi Hip Hop di Detroit nasce la Techno, successivamente sviluppata e accorpata all’elettronica mitteleuropea , un genere che nello stereotipo si dovrebbe identificare come musica per bianchi europei fattoni. L’Hip Hop nasce dai freestyle nelle strade, un’evoluzione urbana e incarognita dei testi del Blues, il primo grande mostro sacro sarà Grandmaster Flash (celeberrima la sua White Lines) e un decennio dopo arriveranno i primi colllettivi come i Wu Tang Clan a New York e i NWA a Los Angeles, gli stessi NWA che furono un fuoco per le rivolte di Los Angeles dopo il processo per il pestaggio di Rodney King con la loro Fuck Tha Police che veniva cantata e gridata nelle strade e poi i Sugar Hill Gang, i Cypress Hill fino a 2Pac e Notorious B.I.G. E alla loro rivalità che culminerà con la morte di entrambi (ti aspettiamo al varco Diddy, sappiamo che eri coinvolto).
Una storia avvincente, appassionante ma che non appartiene a noi italiani e nemmeno a buona parte degli americani. Ci furono dei goffi dei tentativi di portare il rap in Italia ad opera di Claudio Cecchetto ma è una storia per un’altra volta.
La cultura Hip Hop era un concetto lontano, complesso, dissonante, e soprattutto etnicamente opposto. L’America nera del ghetto non aveva nulla a che fare con l’Italia bianca borghese (e tutt’ora il rap italiano altro non è che, con eccezioni di nicchia, una buffa caricatura creata dal marketing più che dalla furia urbana).
E quindi come mai nell’anno 2000 adolescenti e preadolescenti di tutta Italia per non dire di tutto il mondo iniziarono a portare pantaloni cargo di due taglie più larghe, magliette oversize e a parlare di HipHop e sottocultura Afroamericana?
La risposta sta in un ragazzo di Detroit, pallido come il latte, con i capelli ossigenati, povero in canna, con una moglie e figlia a carico, un pessimo carattere, un padre assente una madre psicopatica ed una capacità di rappare mai vista in nessun individuo al mondo.
Vi presento Marshall Mathers III, in arte Eminem (m and m, per chi non lo sapesse).
Dopo essersi fatto un nome negli ambienti del Freestyle ed aver fondato con l’amico fraterno Proof il collettivo D12 (un collettivo di Rapper di talento che sarà piagato dalla malasorte, prima con la morte di Bugz, sostituito da Swifty McVay e poi con la morte di Proof) cattura l’attenzione del produttore ed ex NWA Dr Dre che gli permetterà di produrre gli album Infinite e The Slim Shady LP.
The Slim Shady LP è il primo album di Eminem a riscuotere un successo su scala nazionale, anche grazie al videoclip di My name Is e allo slim shady show. Slim Shady è la personalità di Eminem, il Mr. Hyde di un Dr. Jekyll gia di suo instabile. Un criminale, un pazzo, un pervertito e in tempi più recenti un serial killer psicopatico.
Slim Shady LP con i suoi toni scherzosi e il suo stile Horrorcore crea il mito, le basi per quello che diventerà The Marshall Mathers LP che il 23 Maggio ha compiuto 25 anni.
Eminem, non solo un bianco che faceva musica da afroamericani (esisteva già Vanilla Ice), che portava non solo temi e situazioni provocatori ma parlava di depressione, di abusi genitoriali, di miseria e malattia mentale ha toccato una generazione intera. Moltissimi si sono rivisti nella vita disastrata di Marshall Mathers, cosa che risultava spesso difficile con testi come ad esempio Gimme The Loot di Biggie (the notorious B.I.G. per i profani ) dove Wallace parlava di una rapina a mano armata. Marshall Mathers, pur con uno stile caustico che è rimandabile all’Horrorcore parla di temi ad ampio spettro. Si rivolge senza volerlo a tutti i giovani del mondo. Giovani adolescenti e meno adolescenti (maschi o femmine non fa differenza) che in qualcosa o in qualcos’altro in Eninem ci si sono rivisti. Chi ha iniziato a indossare pantaloni cargo, chi a portare il brillante all’orecchio chi ad ossigenarsi i capelli. Diventammo tutti Slim Shady e dal più irriducibile metallaro, all’ascoltatore assiduo di musica pop fino al fanatico di trance tutti erano concordi che Eminem spaccasse. The Marshall Mathers LP è un album provocatorio, denso di brani divertenti (remember Me, Under the Influence, Criminal e the real slim shady, si lo so la state fischiettando) collaborazioni di spessore (Bitch Please con Snoop Dog, Xzibit e Nate Dogg) brani riflessivi come la splendida Stan , con la bellissima voce di Dido e un testo che parla di un fan ossessionato che finisce con l’imitare ciò che Slim Shady fa nell’omonimo album alla sua fidanzata, o Drug Ballad (uno dei tanti pezzi in cui si parlerà dei problemi di droga di Marshall) fino ad arrivare al puro Horrorcore con Amityville e la controversa Kim, brano che mette in scena la morte della moglie di Eminem ad opera di quest’ultimo a seguito di un litigio in maniera che fa torcere le budella. Uno spaccato di orrore quotidiano che a seconda di chi la analizza andrebbe censurato in toto (e infatti in molte versioni dell’album Kim è stata sostituita dalla southparkiana The Kids) o rappresenta nella sua spietatezza assolutamente non autocelebrativa una triste realtà di femminicidio messa in scena come si mette in scena il macabro al Grand Guignol, la sensibilità sta in chi ascolta. Kim merita un discorso a parte perché fu il primo grande brano controverso (in un album che fra dissing, humor nero e violenza ne ha per tutti) della carriera di Eminem e non è assolutamente di facile comprensione ne analisi soprattutto a fronte della sensibilità e delle tematiche di attualità nel 2025. Invito comunque ad un ascolto con testo a fronte per permettere a chi legge di farsi una propria opinione.
Ma ho iniziato parlando del prima e del dopo. Su come ci siano degli spartiacque per poi andare ad analizzare un album vecchio di 25 anni registrato da uno sboccato ma talentuoso rapper di Detroit cosa c’entra con l’incipit?
Perché esiste un prima e un dopo nel mondo dell’Hip Hop. Un prima dove la musica Hip Hop, il Rap, l’horrorcore erano relegati ad una parte della cultura afroamericana (quella poco raccomandabile, quella povera, quella da cui girare alla larga, quella che fa casino nelle strade gridando Fuck Tha Police non quella che vive a Bel Air e fa le sitcom , si, Will smith parlo di te) e un dopo in cui l’Hip Hop è diventato patrimonio mondiale della musica. E questo non è stato fatto da 2Pac, né da Snoop Doggy Dog, ne dal compianto e mai troppo celebrato DMX. Tutti loro esistevano prima di Marshall ma è dopo che Marshall Mathers III ha pubblicato The Marshall Mathers LP che tutti noi abbiamo scoperto il vasto mondo dell’Hip Hop e da lì l’Hip Hop è diventato di tutti, divenendo un linguaggio universale tanto che si possono trovare interviste di bifolchi conservatori dell’Alabama (ora li definiremmo i MAGA) parlare di come DMX, un rapper molto nero, molto criminale, molto incazzato e molto newyorkese porti una spiritualità nei suoi testi in cui loro si ritrovano.
Eminem ha fatto quello che Micheal Jackson ha fatto per la MoTown. Ha universalizzato un genere etnicamente e socialmente esclusivo perché razzializzato .
E dopo 25 anni, scommetto che chi ha la mia età , scartabellando fra i vecchi cd troverà la sua copia di The Marshall Mathers LP e agli verrà voglia di ascoltare ancora una volta un album senza compromessi e senza tempo.