Pianeta carcere, senza respiro, quelli minorili sono al collasso, il report annuale di “Antigone”
Sovraffollamento record, minori stipati in celle inumane. Ma anche i 189 istituti penitenziaeri per adulti se la passano male. Aumentano tensioni, autolesionismo e suicidi: lo Stato abbandona i più fragili. Tre metri quadrati. Questo è lo spazio concesso, in media, a un detenuto in trenta istituti penitenziari italiani. Neanche il necessario per distendere le braccia. Ma se fa impressione per un adulto, è ancora più sconvolgente se riguarda dei ragazzi. Perché oggi le carceri minorili stanno scoppiando. E nessuno pare preoccuparsene.
Secondo il dossier “Senza Respiro” di Antigone, nei 17 Istituti Penali per Minorenni (Ipm) italiani i numeri parlano chiaro: 611 giovani detenuti al 30 aprile 2024. Un aumento del 54% in due anni. Di questi, oltre la metà sono minori stranieri non accompagnati, spesso soli, senza famiglia, senza tutele, senza futuro. E nove istituti su diciassette sono sovraffollati. A Milano e a Cagliari, il tasso tocca il 150%. I dati sono numeri, ma le condizioni sono carne, ossa, respiro mozzato.
Il Beccaria di Milano – simbolo di degrado e violenza – è l’esempio lampante: tensioni continue, proteste, aggressioni. La situazione è al limite dell’implosione. Ma non ci si ferma lì. Manca personale qualificato, mancano educatori, manca ogni progetto credibile di reinserimento. L’adolescente che entra in carcere esce, se esce, più fragile, più rabbioso, più pericoloso. Lo Stato lo prende e lo distrugge.
La crescita esponenziale dei minori reclusi non è solo una questione numerica. È un fallimento sociale. La misura più usata resta la detenzione cautelare. Eppure, il 26,5% dei detenuti totali è in attesa di giudizio: presunti innocenti rinchiusi in celle che non rispettano nemmeno i minimi standard di dignità. Il carcere minorile, anziché essere l’extrema ratio, è diventato la prassi. E quando la prassi è la gabbia, la società ha perso.
Ci sono poi 189 ultra-diciottenni trasferiti negli istituti per adulti, molti dopo aver passato l’adolescenza in carceri minorili. Un passaggio di consegne tra due mondi uguali, due trappole consecutive. La “rieducazione” resta una parola vuota. Perché, dentro, uno su tre non lavora, la maggior parte non studia, molti non ricevono assistenza psicologica. L’autolesionismo cresce (+4,1% nel 2024), i suicidi toccano il record storico: 91 morti solo quest’anno. È il silenzioso collasso dell’intero sistema.
Le carceri minorili dovrebbero essere luoghi di protezione, non di abbandono. Luoghi in cui si restituisce al minore la possibilità di scegliere, non in cui lo si chiude alla vita. Invece ci troviamo con ragazzini murati vivi in celle senza riscaldamento, senza acqua calda, senza assistenza. In una parola: senza respiro.
E intanto lo Stato promette prefabbricati “moderni”, che partono già sovraffollati da progetto: 5 metri quadri a testa. Cemento che imprigiona, non che cura. Il problema non è solo lo spazio fisico, ma l’orizzonte morale: abbiamo scelto di rinchiudere i ragazzi invece di salvarli.
In una società civile, un carcere minorile vuoto dovrebbe essere un obiettivo. In Italia, sembra un’utopia.