Un agente della polizia municipale di Carmignano, in provincia di Prato, è stato rinviato a giudizio con l’accusa di detenzione e accesso a materiale pedopornografico, rinvenuto sul computer in sua dotazione. L’indagine ha avuto origine alla fine del 2024, quando un controllo informatico effettuato a causa della presenza di un virus sul dispositivo ha portato alla scoperta del materiale illecito. Secondo quanto riferito in una nota ufficiale dell’amministrazione comunale, nell’ottobre dello scorso anno il sindaco Edoardo Prestanti, una volta informato dell’accaduto, ha immediatamente sporto denuncia e attivato le segnalazioni necessarie alla procura competente. Contestualmente, è scattata la sospensione dell’agente.
Con il rinvio a giudizio, il primo cittadino ha comunicato che darà mandato agli uffici comunali di avviare le procedure per la costituzione di parte civile. L’obiettivo è duplice: tutelare la collettività e il Corpo della polizia municipale, e accertare eventuali responsabilità legate a mancanze nei controlli interni.
Il caso è emerso per una coincidenza. Durante un intervento di manutenzione tecnica. Un informatico incaricato di aggiornare il software dei computer del Comune ha scoperto, nascosto all’interno di una cartella dal nome apparentemente innocuo, un archivio sterminato: oltre 150.000 tra immagini e video a contenuto pedopornografico. Un quantitativo tale da lasciare sgomenti persino gli agenti della Polizia Postale intervenuti nelle ore successive.
L’indagine, coordinata dalla Procura di Prato, ha rapidamente portato all’identificazione del responsabile dell’utenza collegata al materiale: un vigile urbano in servizio da anni presso il comando locale. Secondo quanto emerso, l’uomo accedeva regolarmente all’archivio durante l’orario lavorativo, utilizzando la postazione assegnata all’interno dell’ufficio comunale. A differenza di altri casi analoghi, questa vicenda non ha suscitato particolare scalpore nell’opinione pubblica. Le vittime non sono note, i contenuti provengono dal dark web e non coinvolgono minori del territorio. Nessun nome, nessun volto, nessuna voce a denunciare pubblicamente.
Dietro lo schermo di un computer, infatti, l’uomo avrebbe alimentato per anni un circolo vizioso di violenza invisibile: quella consumata in digitale. Si vedrà.
C. N.