Tunisini organizzavano sbarchi armati dalla Tunisia: smantellata una rete criminale tra Patti e Castelvetrano. Un’associazione criminale transnazionale è stata smantellata dai Carabinieri: cinque cittadini tunisini, tra i 25 e i 42 anni, sono finiti in carcere con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e detenzione di armi. L’operazione è scattata tra Patti e Castelvetrano, nel Messinese e nel Trapanese, dove alcuni degli indagati vivevano stabilmente.
Dietro l’apparente normalità di piccole attività o lavori saltuari, i cinque gestivano un traffico illegale di esseri umani: gommoni carichi di migranti, partiti dalle coste tunisine, venivano guidati di notte fino a quelle siciliane, dietro pagamento. Traversate illegali, pericolose, in cambio di soldi. Non si tratta di improvvisati: secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, era un’associazione ben organizzata, con ruoli definiti e – fatto gravissimo – armi a disposizione.
L’indagine, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Messina, ha preso forma dopo lo sbarco del 12 giugno scorso, quando un gommone con circa venti migranti è arrivato sulle spiagge del Trapanese. A bordo anche due donne e cinque minori. Tutti tunisini. Sbarcati, soccorsi e immediatamente trasferiti al CPR di Trapani. I Carabinieri delle compagnie di Marsala, Trapani, Mazara del Vallo e Patti si sono mossi in sinergia, chiudendo il cerchio investigativo in pochi giorni.
I cinque fermati sono stati colti da un decreto di fermo per indiziato di delitto, emesso dalla Procura di Messina: il pericolo di fuga era concreto. A conferma del peso criminale dell’organizzazione, uno dei fermati – un tunisino di 31 anni – era evaso il 9 marzo dal carcere di Barcellona Pozzo di Gotto. Faceva lo scafista. Dopo l’evasione, era tornato a fare quello che sapeva fare meglio: trasportare clandestinamente vite umane in cambio di denaro.
Il gruppo criminale non solo organizzava le traversate: secondo gli inquirenti, gestiva anche la logistica e le modalità di arrivo, studiando le zone meno sorvegliate della costa per gli sbarchi. Tutto in cambio di cifre non ancora note, ma che, come spesso accade, vengono pagate in parte dalle famiglie dei migranti, in parte da circuiti clandestini che ruotano attorno alla diaspora tunisina in Europa.
Le accuse sono pesanti: associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, aggravata dalla disponibilità di armi. Gli arrestati sono stati trasferiti in carcere dopo la convalida dei fermi da parte delle autorità giudiziarie di Patti e Marsala. Ora si attende l’udienza davanti al gip del Tribunale di Messina, competente per territorio.
Questo nuovo capitolo criminale conferma un dato inquietante: le reti di trafficanti di uomini non solo prosperano, ma evolvono, si riorganizzano, si armano. Il Mediterraneo continua a essere una frontiera debole, dove il confine tra disperazione, criminalità e impunità resta sottile.
Va infine ricordato che, per legge, tutti gli indagati sono da considerarsi innocenti fino a sentenza definitiva. Ma se le accuse verranno confermate, sarà solo l’ennesima prova che chi lucra sulla pelle dei migranti, spesso giovanissimi, è parte attiva di un crimine che non conosce frontiere.