Cronaca

Mostro di Firenze, il Dna rafforza la pista sarda: il bimbo sopravvissuto al primo omicidio, era figlio di Giovanni Vinci

Ancora un nuovo mistero nell’inchiesta del mostro di Firenze: il Dna riscrive la storia del primo delitto. Natalino, il bambino di sei anni e mezzo che nell’estate del 1968 scampò ai colpi di calibro 22 dell’assassino (che uccise a Signa sua madre, Barbara Locci, e l’amante Antonio Lo Bianco) e che per i successivi diciassette anni terrorizzerà la Toscana e l’Italia con altri sette duplici omicidi, non era figlio di Stefano Mele, il manovale, marito della vittima, condannato per quel delitto. Un accertamento genetico disposto dalla procura ha stabilito che il suo padre biologico è Giovanni Vinci, il fratello più grande di Francesco e Salvatore. Giovanni, pur membro di quel “clan” di sardi che dal 1982 entrerà nel mirino delle indagini – con l’arresto di Francesco prima, e con i sospetti su Salvatore poi –, non è mai stato lambito dall’inchiesta, ma ora si scopre che anche lui è stato un amante della Locci. La notizia è riportata da «La Nazione».

Tuttavia, alcune domande sorgono spontanee: il killer di Signa sapeva chi fosse il padre di quel bambino? Natalino ha avuto la notifica della procura nei giorni scorsi. É rimasto spaesato: «Quest’uomo non l’ho mai neanche conosciuto». A consegnare questa novità nelle mani dei magistrati è stato il genetista Ugo Ricci, specialista di cold case a cui si deve anche il ritrovamento, nel caso Garlasco, del Dna di Andrea Sempio attaccato alle unghie di Chiara Poggi.

L’intuizione investigativa risale invece al 2018, quando, nell’inchiesta, conclusasi con l’archiviazione, che all’epoca vedeva indagato l’ex legionario di Prato Giampiero Vigilanti, venne dato il compito ai carabinieri del Ros di prelevare, in gran segreto, due profili Dna. Quello di un figlio di Salvatore Vinci che si è rivelato utile ad attribuire al sardo il possesso di uno straccio che era stato vicino a un altro “famoso” pezzo di stoffa (andato perduto) che recava tracce di sangue e polvere da sparo, rinvenuto in casa sua all’indomani del delitto di Vicchio del 1984. E poi quello di Natalino.

Ma sono passati anni prima che una pattuglia di militari s’imbattesse nella vita segnata di un uomo che nella notte del 1968 perse, di fatto, entrambi i genitori. Per la comparazione, il genetista Ricci ha utilizzato anche il profilo da lui estratto dalla recente riesumazione del cadavere di Francesco Vinci. La nuova verità potrebbe dare spiegazioni a tanti misteri di questa storia ancora irrisolti. Non è mai stato chiarito chi e perché risparmiò il bambino, e anche come Natalino, in quella notte di cui non ricorda nulla, arrivò a una casa distante un paio di km, al buio, in una strada ciottolosa di campagna e con i calzini puliti.

Francesco Vinci e suo fratello Salvatore, ma non Giovanni, erano al centro della pista sarda nell’inchiesta sul mostro, che parte dall’omicidio dei due amanti Barbara Locci e Antonio Lo Bianco. Il marito della donna, Stefano Mele, chiamò in causa i fratelli Vinci, amanti della moglie, ma alla fine sarà lui ad essere condannato in via definitiva anche per calunnia nei confronti dei fratelli di Villacidro. L’arma del delitto, una beretta calibro 22, non è stata mai trovata e rispunterà nel 1974, quando viene uccisa la seconda coppia della serie, Pasquale Gentilcore e Stefania Pettini a Borgo San Lorenzo. Le indagini continuano.

(Fonte Corriere Fiorentino)