Il ragazzo è stato arrestato dopo aver minacciato i genitori con un’ascia. Ora si trova in un Centro di Prima Accoglienza. Intorno a lui, una storia che parla anche di disagio, fragilità e silenzi ignorati. Ha solo quindici anni. Ma impugnava un’ascia.
È accaduto a Portici, alle porte di Napoli, dove un ragazzo è stato arrestato dopo aver aggredito i propri genitori. Secondo la ricostruzione dei carabinieri, il giovane sarebbe andato fuori di testa dopo un rimprovero del padre, legato a un sospetto di consumo di droga. Il ragazzo ha afferrato un’ascia, ha danneggiato mobili, infissi e ha minacciato. Il padre si è barricato in casa. La madre ha tentato di calmarlo, inutilmente.
I militari sono arrivati poco dopo. Lo hanno trovato ancora armato e in stato di forte agitazione. È stato arrestato con le accuse di maltrattamenti in famiglia e porto abusivo di arma bianca. Nessuno, per fortuna, è rimasto ferito.
Il quindicenne è stato condotto in un Centro di Prima Accoglienza, una struttura dedicata ai minorenni arrestati o fermati. Non è un carcere, non è una punizione, ma è uno spazio pensato per accogliere, contenere e iniziare un percorso. Lì i ragazzi restano per pochi giorni, in attesa dell’udienza di convalida. Ma quei giorni possono fare la differenza.
I CPA, presenti in diverse regioni italiane, sono gestiti dal Ministero della Giustizia e rappresentano il primo punto di contatto tra un minore e la giustizia penale. Offrono ascolto, sorveglianza e osservazione psicologica.
Dietro il gesto violento, infatti, spesso c’è molto di più: rabbia che esplode, silenzi familiari, solitudini nascoste, segnali ignorati. Non si nasce violenti. Si diventa. E quasi mai da soli.
L’episodio di Portici non è un caso isolato. In tutta Italia si moltiplicano episodi in cui ragazzi giovanissimi sono protagonisti, o vittime di gesti estremi. Famiglie in difficoltà, disagio sociale, dipendenze, esclusione scolastica, sono un terreno fertile in cui la violenza attecchisce con facilità.
Il “Decreto Caivano”, presentato nel 2023 dopo gravi episodi di criminalità minorile, ha rafforzato gli strumenti di prevenzione e contrasto, prevedendo anche maggiori controlli e supporti sociali. Ma la repressione da sola non basta. Serve prevenzione. Servono educatori, psicologi, insegnanti. Serve presenza.
E serve anche ascolto.
Perché dietro ogni ragazzo che urla, spesso, c’è un ragazzo che non è stato ascoltato abbastanza.