Lorenzo Musetti in semifinale a Madrid, e vola anche a “muso duro” nella top ten mondiale
No, non è stata un’ascesa comoda, né un trionfo annunciato o dovuto, anzi, perché per molti era immaturo, fumantino, scostante, impreciso.
E no, non è stata una cosa improvvisa, pur sembrando così.
È stata una scalata fatta di lotta, ferite e fatica. Una scalata su se stesso, prima che sugli altri.
Fino a quando Lorenzo Musetti non ha detto basta. Ha detto adesso.
E lo ha fatto a “nuso duro”, con le vene scoperte e gli occhi fissi sull’idea: diventare un giocatore da dieci.
Dieci come le posizioni dei migliori in campo. Dieci come la cifra tonda dei fuoriclasse. Dieci come il voto a chi non molla, nemmeno quando perde.
Ma prende la rincorsa e rilancia.
A Montecarlo, Musetti ha battuto Matteo Berrettini 6-3, 6-3, poi ha superato Stefanos Tsitsipas nei quarti e Alex de Minaur in semifinale, raggiungendo la sua prima finale in un Masters 1000. In finale, ha vinto il primo set contro Carlos Alcaraz, ma ha ceduto i successivi due, anche a causa di un infortunio muscolare. Nonostante la sconfitta, ha dimostrato di poter competere ai massimi livelli.
A Madrid, poi, sta continuando la sua marcia: ha battuto Tsitsipas 7-5, 7-6(3), poi De Minaur 6-4, 6-2, e infine Gabriel Diallo 6-4, 6-3, raggiungendo la semifinale. Grazie a questi risultati da lunedì prossimo sarà per la prima volta nella top ten del ranking ATP, quasi certamente (almeno) numero 8.
E questo è più che meritato e voluto.
Perché Lorenzo – adesso – ha imparato a stare nei game sporchi, nelle partite storte, nei silenzi in cui la racchetta pesa più dei pensieri. Ha imparato a non esplodere più, ma a incanalare. Ha imparato a prendere la palla alta quando la vita gliela tirava bassa.
E così è arrivato. Top ten. Non per miracolo. Ma per diritto.
Lorenzo ha scelto di stare. Lorenzo ha scelto di essere.
Perché ha perso ma ha continuato. Perché ha smesso di dover dimostrare di essere speciale e ha iniziato a dimostrare di essere solido.
Solido come il marmo che ha nelle ossa. Lucido come il sudore che ha sulla fronte. Vero come la riga che prende di rovescio, quel maledetto – meraviglioso, fulgido e scintillante – rovescio di Dio.
E allora Musetti è entrato nella stanza dei grandi senza bussare, a muso duro.
Ha spinto la porta col petto e ha detto: ci sono anche io. Con il sorriso ritrovato, ma con le mani sporche. Con il rovescio che graffia e il dritto che accarezza. Con la forza di chi ha perso l’innocenza, e ha trovato quel fuoco coltivato così a lungo dentro.
E adesso avanti così, contro quell’incredibile amico di Scintilla d’Infinito che è Draper, così in forma da sembra l’Everest.
Ma tu, Lorenzo, con questa testa, non hai paura di nessuna altezza.