"Le Palle Delprete"

L’ombra rossa è tornata brillare, Sinner e gli internazionali da non vincere per forza

No, oggi non è solo una giornata di Tennis. E no, il suo non è solo un rientro. È IL ritorno. Il ritorno di Prometeo liberato dopo esser stato punito solo per aver strappato il sacro fuoco del gioco agli Dei. Il ritorno di Ulisse, confinato dal fato mentre i Porci cercavano di strappargli scettro e regno.
Sinner è riapparso così, come un’ombra rossa che diventa carne e racchetta dopo tre lune d’assenza, dopo tre mesi di silenzio e dolore.
Il tempo – quel ladro arrogante – ha provato a strapparcelo.
Eppure eccolo.
Di nuovo qui. A Roma, la Città Eterna, quella che ha visto imperatori cadere e gladiatori morire, ora si inchina al suo campione smarrito.
Qui, davanti alla Fontana di Trevi, il fato ha lanciato le sue monete.
Navone o Cinà, poi forse Ruud, poi forse Fritz o De Minaur.
Poi – forse – Alcaraz, ma solo in finale. Sì, tutto è “forse” e nulla è scontato.
Perché forse – oppure sì – questo non è il Sinner bionico di gennaio, quello che incendiava l’Australia col dritto e con l’anima. Non possiamo sapere, non possiamo proprio immaginare cosa siano tre mesi di allenamento senza l’adrenalina del campo, anche per un “alieno” come lui.
E allora forse questo sarà un Sinner diverso, come quell’Ulisse che torna a casa dopo aver combattuto con ciclopi ingiusti e invisibili.
E allora forse quel corpo non è più solo un’armatura diamantifera e possente, ma è anche una preghiera. Per questo, anche per questo, Roma lo ha accolto come si accolgono i figli prodighi e i semidei:
con gli occhi lucidi e la pelle tesa.
Chi lo ama, lo ama più oggi che allora, perché oggi è tornato dopo aver portato un mondo di ingiustizie – in silenzio – sulle spalle. E potrebbe essere più fragile della perfezione sino ad ora mostrata. E poi noi, in fondo, ci innamoriamo di chi cade – anche se la caduta è dovuta a uno sgambetto immeritato e infame – e poi si rialza. 
E allora. E allora che tu vinca o che tu perda, che tu finisca la corsa al secondo turno o sfidando il sole della finale, noi saremo lì, al tuo fianco. Lì, a pochi centimetri dalla tua luce. Saremo lì a gridare il tuo nome in un antico poema; saremo lì a scandire e caricare il tuo servizio come un tamburo di guerra; saremo lì a tremare su ogni rovescio come fossimo al bivio del nostro stesso destino. Perché comunque vada Roma – e l’Italia – ha di nuovo il suo Re. E da un ritorno di ritorno non si possono pretendere vittorie immediate, dopo esili forzati. A un Re si chiede solo di esserci, per indicare la via. A un Re si chiede verità. E la verità, tu, Jannik, ce l’hai sempre data ogni volta che hai giocato come se avessi il cuore in fiamme, mentre infiammavi il nostro. E sono certo – sono certo – che ci infiammerai anche adesso.