Lo curano per gastrite e mal di pancia ma aveva un problema al cuore e muore, Asl condannata a risarcire gli eredi
Lo hanno curato con medicinali per la gastrite e dimesso con la prescrizione di alcune analisi ma quando nel pomeriggio è andato al distretto sanitario per effettuale ha avuto un malore, si è accasciato al suolo ed è morto. Successivamente è venuto fuori che aveva un grave problema cardiaco e che i medici nonostante la sintomatologia non solo gli hanno diagnosticato soltanto problemi allo stomaco ma non hanno nemmeno effettuato esami per escludere patologie cardiache che spesso hanno come effetti collaterali proprio il dolore alla bocca dello stomaco e la sudorazione eccessiva. Per questo il Tribunale di Livorno ha condannato l’azienda sanitaria a pagare circa 355 mila euro di risarcimento, tra danni e spese legali, ai familiari del 62enne deceduto il 7 gennaio del 2020. L’uomo la notte prima era andato al pronto soccorso dell’ospedale di Cecina per un forte mal di stomaco che non gli consentiva di dormire ma era stato trattato con Peridol e Lansoprazolo e la mattina presto era stato dimesso dal nosocomio con diagnosi di gastralgia. Unica prescrizione, alcune analisi del sangue e monitoraggio della temperatura corporea. Nel pomeriggio arrivato al distretto sanitario di Rosignano Solvay per prenotare controlli che gli avevano prescritto in ospedale, veniva colto da un malore e soccorso dal personale sanitario ma nonostante le cure prestate, alle ore 18 ne veniva constatato il decesso. Nel contenzioso giudiziario tra i familiari e l’azienda sanitaria è emerso che l’uomo aveva un grave problema cardiaco in corso quando era arrivato al pronto soccorso, dissecazione aortica, e i dolori di stomaco erano solo uno dei sintomi più evidenti che avrebbero dovuto, secondo il giudice, portare i medici ad effettuare esami cardiologici proprio per scongiurare problemi di tipo cardiaco.
Ma niente di tutto questo è stato fatto stando al resoconto processuale, nemmeno un ecocardiogramma. Si legge molto chiaramente in sentenza: “Nonostante la persistenza della sintomatologia dolorosa, non veniva effettuato un esame ecocardiografico, pure disponibile nella struttura ospedaliera, che avrebbe potuto evidenziare i gravi problemi cardiaci in corso”. Per il giudice Simona Capurso del Tribunale civile di Livorno, dunque, non ci sono dubbi sulla responsabilità professionale dei medici che ha portato alla perdita di chance di sopravvivenza del paziente. Le sue condizioni era così gravi che per i giudici le sue aspettative di vita non sarebbero in nessun caso rientrate nelle normali statistiche italiane ma di certo “la condotta imperita dei sanitari ha determinato una riduzione del tempo di vita del 30-40%”. Dalle testimonianze raccolte, dalla documentazione clinica e soprattutto dalle conclusioni della perizia medico-legale disposta durante il processo, il giudice è arrivato alla condanna al risarcimento in favore della moglie, della figlia e della sorella dell’uomo. “Ciò sta a significare che anche se probabilmente la morte del paziente non si sarebbe verificata nei modi e nei tempi in cui effettivamente si è verificata, stante la condotta omissiva dei sanitari, comunque, neppure in caso di trattamento medico correttamente effettuato l’uomo avrebbe potuto attendersi una speranza di vita pari a quella di un soggetto sano di uguale età”. Questa la sentenza al termine del primo grado di giudizio.