Esteri

L’esercito israeliano non vuole testimoni e uccide anche 5 giornalisti di Al Jazeera a Gaza City

Cinque persone dello staff di Al Jazeera, due giornalisti e tre operatori, sono stati uccisi a Gaza. Secondo il canale satellitare si è trattato di un raid mirato israeliano contro una tenda che ospitava giornalisti a Gaza City. Intanto Israele tira dritto sul piano d’attacco a Gaza malgrado le critiche internazionali. Mentre il primo ministro Anthony Albanese ha fatto sapere che l’Australia riconoscerà lo Stato palestinese all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a settembre. “Finché non esisteranno uno Stato israeliano e uno Stato palestinese – ha dichiarato Albanese – la pace potrà essere solo temporanea. L’Australia riconoscerà il diritto del popolo palestinese a un proprio Stato”.

“Io non voglio prolungare la guerra, voglio farla finire. Israele non ha altra scelta se non finire il lavoro” e “distruggere” Hamas. Travolto dalla pioggia di critiche internazionali e da quelle interne, a partire dalle piazze gremite di dimostranti fino ai suoi stessi alleati di governo – come il ministro di estrema destra Bezalel Smotrich che vorrebbe annettere la Striscia – Benyamin Netanyahu ha convocato due conferenze stampa (una per la stampa estera e una per i media locali) per spiegare la nuova offensiva militare che mira ad occupare Gaza City definita “capitale del terrore”.

Nelle stesse ore a New York si è riunito il Consiglio di sicurezza dell’Onu per discutere del piano israeliano, definito dal Palazzo di Vetro “l’ennesima pericolosa escalation” che rischia di aggravare una catastrofe umanitaria già di “dimensioni inimmaginabili”. Ma Netanyahu non sente ragioni e tira dritto: “Il nostro obiettivo non è quello di occupare Gaza, ma di liberarla, liberarla da Hamas”, ha scandito il premier spiegando che l’esercito ha avuto l’ordine di “smantellare le ultime due roccaforti del gruppo terroristico, a Gaza City e nei campi centrali” della Striscia, tra cui la zona umanitaria di Mawasi. Israele darà inizio al piano “in tempi brevi”, ma “permettendo innanzitutto ai civili di lasciare in sicurezza le aree di combattimento e raggiungere zone sicure designate”, dove riceveranno “cibo, acqua e cure mediche in abbondanza”, ha assicurato, annunciando anche l’apertura di nuovi corridoi sicuri e nuovi siti di distribuzione degli aiuti della Gaza Humanitarian Foundation, la controversa organizzazione israelo-americana già al centro di forti critiche.

Netanyahu ha quindi respinto con forza le accuse di voler affamare i palestinesi: “La nostra politica durante tutta la guerra è stata quella di congiurare una crisi umanitaria, mentre la politica di Hamas è stata quella di crearla”, sabotando e saccheggiando le derrate alimentari. Dall’inizio della guerra Israele ha distribuito “2 milioni di tonnellate di aiuti”, ha rivendicato il primo ministro, accusando l’Onu di “non averli voluti consegnare” e i media internazionali di aver creduto alla propaganda di Hamas “alla cieca”. In particolare, ha ventilato la possibilità di fare causa al New York Times per aver pubblicato la foto di un bambino di Gaza malato, Muhamad Zakaria Aub, sostenendo che fosse denutrito a causa del blocco degli aiuti da parte di Israele. Al contrario, ha attaccato Netanyahu, “gli unici che stanno deliberatamente morendo di fame sono i nostri ostaggi”, e ha mostrato a sua volta la drammatica foto dell’ostaggio Evyatar David fortemente dimagrito e chiuso in un tunnel di Hamas.

In sostanza, ha chiosato il premier, il nuovo piano militare è “il modo più rapido per porre fine alla guerra”. Dopo di che, la Striscia sarà governata “da un’amministrazione civile pacifica e non israeliana”, ma non sarà “né Hamas né l’Autorità nazionale palestinese”. E a una domanda sulla decisione della Germania di sospendere l’invio di armi allo Stato ebraico, Netanyahu ha risposto che il cancelliere Friedrich Merz “è un amico, ma ha ceduto alle pressioni” di vari gruppi e delle fake news. E si è detto sicuro che Israele “vincerà la guerra con o senza il sostegno degli altri”.

All’operazione tuttavia si oppongono anche decine di migliaia di israeliani che hanno invaso le piazze di Tel Aviv e Gerusalemme. I familiari degli ostaggi, che temono che la nuova offensiva metta in pericolo i loro cari ancora in vita, hanno indetto per domenica prossima uno sciopero generale per bloccare il Paese e dire “Basta guerra”.

(Fonte Ansa)