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La Coppa d’Africa di cui nessuno parla: un evento all’insegna di fratellanza, integrazione e sport a Terni

Quando lo sport non fa notizia, purtroppo, ma scalda il cuore e offre speranza.

A Terni dal 20 maggio al 28 giugno si è tenuta la Coppa d’Africa di calcio a sette. Sì, avete capito bene. La manifestazione, alla sua prima edizione, non ha avuto alcun ritorno mediatico. Ma più che un mero evento sportivo si è trattata di una vera e propria festa in nome dell’inclusione. Il calcio, da sempre contornato dalla divisione in fazioni, è stato promotore di unione sociale e veicolo di integrazione. Il torneo ha visto la partecipazione di otto squadre rappresentanti altrettante nazioni del continente africano. Nello specifico: Senegal, Gambia, Marocco, Ghana (diventato poi “Mist-Afro” con ragazzi di Sierra Leone, Costa d’Avorio, Camerun, Nigeria e altri Paesi), Guinea, Tunisia, Egitto e Mali.

La nascita del torneo si deve ad un’idea semplice, ma potente: un post sui social pubblicato da Guy Martial Yao, cittadino ivoriano residente in città dal 2011. Operaio di professione, Yao è cresciuto in Umbria e ha frequentato le scuole superiori proprio nel capoluogo. La sua proposta, lanciata in un gruppo online, ha generato un’ondata di entusiasmo che ha dato vita a un evento straordinario, appoggiato dalla comunità locale.

Il match conclusivo si è disputato nel campo della parrocchia di San Paolo, in viale Rossini. Protagonisti della partita: Gambia e Senegal. Nonostante due sconfitte subite nella fase a gironi proprio contro i senegalesi, i gambiani si sono imposti per 7-6 in una sfida al cardiopalma. A consegnare il trofeo ai vincitori del Gambia è stata la figura simbolica di ‘Mama Africa’, rappresentante del Blessed Shop di viale Brin, icona della comunità africana ternana. Ma il risultato di campo, in questo torneo, è l’ultima cosa che conta.
La Coppa d’Africa di Terni è stata molto più di semplici incontri calcistici. È diventata un laboratorio sociale, un’occasione di incontro tra culture, linguaggi e storie diverse. Le tribune si sono riempite di famiglie, ragazzi e curiosi, in un clima di gioia condivisa che ha trasformato ogni partita in una festa. Nel nome di un valore imprescindibile: la fratellanza.

L’obiettivo per gli organizzatori, adesso, è fare diventare questo evento un appuntamento fisso, simbolo annuale di sport, dialogo e solidarietà. E perchè no, anche vetrina per tanti ragazzi che, privi di disponibilità economiche per provarci, sognano un futuro in questo sport.

Il calcio che ci piace – questo – fa da collante tra popoli, non divide e non usa armi, se non quella dell’inclusione sociale: espediente astratto ma quanto più in grado di incidere segni indelebili nelle comunità. La speranza è che tornei come quello di Terni arrivino a contornare le prime pagine. Altrimenti, le belle storie brancoleranno sempre nel buio. E noi – non semplici cittadini ma consumatori della società – ne rimarremo privati, non potendo, anche solo leggendole, arricchirci.

 

C. N.