La Cisgiordania secondo l’Onu doveva far parte della Palestina, un progetto mai realizzato
La Cisgiordania è quella parte della Palestina che comprende Gerusalemme Est, chiamata anche West Bank in quanto una porzione del territorio si trova sulla riva occidentale del fiume Giordano. Nel 1948 al termine del mandato britannico sulla Palestina, con l’eccezione di Gerusalemme che avrebbe dovuto avere un’amministrazione internazionale, la Cisgiordania doveva far parte dello stato palestinese per delibera dell’Onu che due anni prima aveva elaborato un piano di spartizione. Venne invece occupata dalla Giordania nella guerra degli stati arabi contro Israele nel 1948-49 e annessa allo stato nel 1950. Conquistata da Israele nel 1967 durante la guerra dei sei giorni, la Cisgiordania venne separata da Gerusalemme Est, che restò sotto il controllo israeliano, e sottoposta a un’amministrazione militare, inoltre iniziarono a insediarsi decine di migliaia di coloni israeliani. Nonostante la colonizzazione rappresentasse un serio ostacolo alle trattative, nel 1993 vennero siglati gli accordi di Oslo tra palestinesi e israeliani, accordi che furono rinegoziati nel 1995 con la divisione della Cisgiordania in tre zone: una controllata dai palestinesi, una dagli israeliani e una sotto controllo congiunto. Inoltre in base agli accordi le città arabe della Cisgiordania passavano sotto il controllo della neonata Autorità Nazionale Palestinese. Le colonie, che continuano a insediarsi ancora oggi, ponevano e pongono un freno allo sviluppo dell’economia palestinese attraverso l’occupazione delle terre e la distruzione di ulivi e alberi da frutto da parte dei coloni. All’inizio del 2000 solo il 12 % circa della Cisgiordania risultava controllata dall’ANP, il cui territorio di competenza rimaneva costellato da decine di checkpoint israeliani. Questa situazione provocò un’ondata di attacchi suicidi nei confronti di civili israeliani, la conseguenza fu l’arrivo dei carri armati nelle città palestinesi, il blocco dei lavoratori frontalieri e la chiusura delle università. Nel 2002, dopo la caduta di Jenin, alla fine di giugno quasi tutte le città della Cisgiordania si trovavano sotto attacco: l’immagine di Arafat a lume di candela nel quartier generale a Ramallah fece il giro del mondo. Iniziò poi per iniziativa del governo Sharon la costruzione di un muro di sicurezza tra Israele e la Cisgiordania il cui tracciato finì per inglobare vaste porzioni di territorio palestinese. Dopo un breve e insignificante ritiro delle forze israeliane nel 2005 il fronte palestinese andava spaccandosi e nel 2007 nelle strade di Gaza ebbe luogo un durissimo scontro tra Hamas e al-Fatah, lo storico partito palestinese che aveva perso le elezioni proprio con Hamas. Dopo questa frattura politica tra Gaza e la Cisgiordania il presidente Abu Mazen accusò Hamas di aver ordito un colpo di stato e questo garantì all’ANP l’appoggio della comunità internazionale. Nel 2011 un nuovo piano per le abitazioni venne varato dal governo israeliano a Gerusalemme Est inoltre venne ultimato circa il 60% della barriera difensiva dovuta alla presenza di oltre 200.000 coloni tra la città e la Cisgiordania. Nel 2021 il governo Netanyahu approvava nuove colonie illegali e incrementava la presenza delle forze di occupazione nel territorio palestinese il che ci conduce dritti fino alla crisi odierna che dopo la fragile tregua firmata per Gaza ha visto un sensibile incremento della pressione militare israeliana sulla Cisgiordania.
