Joel e Ellie, in altre parole “The last of us”, la serie cult del momento, ma c’è un problema
C’è un grosso problema con The Last Of Us ma non è quello che potreste pensare.
E’ innegabile che The Last Of Us sia stato uno dei franchise più premiati e discussi dell’ultimo decennio. La storia del viaggio di Joel ed Ellie attraverso un’America devastata dal virus Cordiceps è un racconto adulto, crepuscolare e struggente. Il successo del Videogame ha portato alla pubblicazione di un sequel che ha saputo scavare negli abissi della follia umana, trasformando una (banale) storia di vendetta in un viaggio allucinante che ha molti più temi in comune con Apocalypse Now! di Coppola che con Kill Bill o Old Boy. Non ci è voluto molto perchè HBO e Sony mettessero in cantiere una serie qualitativamente superba con protagonisti Pedro Pascal (The Mandalorian, Game Of Thrones) e Bella Ramsay nei rispettivi ruoli di Joel ed Ellie. La serie reinterpreta il media videoludico originale del 2013 per il pubblico televisivo mettendo in scena una epopea matura, dolorosa, attuale che, seppur più morbida nella parte adrenalinica ci regala 9 episodi di grande qualità con alcune modifiche che, seppur criticate da un certo pubblico, sono state un fattore migliorativo a livello narrativo.
Non a caso il successo della serie HBO ha permesso che venissero confermate successive stagioni della serie dove gli spettatori potranno vedere la reinterpretazione della seconda parte.
Ambientato qualche anno dopo, The Last Of Us parte 2 vede Ellie (Bella Ramsay) lasciare la sicurezza per intraprendere un percorso di vendetta dopo aver subito un grave lutto a causa di Abbie (Kaitlyn Denver). Non è necessario proseguire con il descrivere della vicenda in quanto andremmo ad incappare in pesanti Spoiler. I primi tre episodi della seconda stagione mantengono il livello qualitativo della stagione precedente, rimanendo fedeli in maniera maniacale dove è necessario e modificando in favore del pubblico televisivo quando serve.
Le interpretazioni di Bella Ramsay, Kaitlyn Denver, Pedro Pascal e il resto del cast restano convincenti e intense, i dialoghi sono abilmente scritti e il ritmo è serrato trovando il favore della critica e del pubblico, con buona pace della popolazione Incel e della sua crociata di Review Bombing, principalmente ai danni di Bella Ramsay e la sua non somiglianza con la sua controparte digitale (ai quali il sottoscritto risponde con l’invito ad uscire all’aria aperta, o all’anglosassone Go Touch some Grass).
E allora qual’è il problema di The Last Of Us? Qual’è la falla fatale in un prodotto qualitativamente così alto e maturo come solo HBO (I Soprano, The Wire, Sex And The City, Game Of Thrones, True Detective e molti altri) sa fare?
La falla fatale di the Last Of Us, come di molti prodotti recenti è la mancanza di verticalità.
Facciamo un passo indietro
Una serie televisiva per sua concezione è composta da episodi. In origine ogni episodio era concepito come una storia a sè con un inzio ed una fine in tre atti distinti scanditi dalle pause pubblicitarie. Ogni episodio ha al suo interno degli elementi che compongono quella che viene chiamata la trama orizzontale, ovvero una storia più articolata che si sviluppa nel corso della stagione o addirittura nel corso dell’intera serie. In antecedenza a Twin Peaks del compianto David Lynch (Anche se ci sono esempi antecedenti come Il Prigioniero, i nostri sceneggiati Rai, Visitors e altri ancora) era la trama verticale ad avere la meglio. Il pubblico a casa veniva intrattenuto con un mistero o conflitto della durata di 25-45 minuti in cui eventualmente venivano inseriti elementi per una non sempre esistente (Si pensi alla Signora in Giallo) o non sempre essenziale (NYPD BLUE, Hill Steet Giorno e notte) trama
orizzontale che poteva o meno gettare le basi per dare un interesse a seguire le vicende della settimana successiva. Twin Peaks ha sconvolto le regole del gioco mettendo la trama orizzontale al centro (Chi ha Ucciso Laura Palmer?) e costruendo sottotrame più o meno coerenti nella parte verticale di ogni episodio causando sicuramente una certa dispersione ma dando un ritmo agli episodi e mantenendo l’interesse sempre vivo. Questa ricetta di Lynch verrà sempre più riproposta negli anni soprattutto da HBO con I Soprano e The Wire, veri e propri capolavori di scrittura dove ogni episodio contribuisce al proseguo della trama orizzontale senza svilire l’importanza di ogni singola unità.
Ce lo insegna Game of Thrones, e ancor di più Breaking Bad l’importanza della trama orizzontale per avere il pubblico sulle spine e con un’attenzione e una dedizione sempre vigile. Ed è il successo di questi media (ed altri, si pensi a Chernobyl o al mai troppo celebrato Hannibal) a far dimenticare a pubblico e sceneggiatori quanto sia necessario avere una trama verticale all’interno degli episodi. A men di essere David Lynch (Twin Peaks The Return) che ha confezionato 18 ore di film concettuale mascherato da serie televisiva, un prodotto d’intrattenimento deve avere un soddisfacimento ad ogni episodio. I personaggi vanno caratterizzati, la trama deve proseguire, deve esserci uno svolgimento dell’intreccio ma con la sospensione a fine episodio deve esserci anche una soddisfazione di carattere di intrattenimento ed è questo che The Last Of Us ed altri prodotti contemporanei non hanno ed è questo il grave problema che abbiamo citato in apertura.
The Last Of Us nella sua prima stagione risolve il suo arco narrativo orizzontale dando ad ogni episodio una sostanza autosufficiente ma questo non si può dire della seconda stagione. A tre episodi (qualitativamente spettacolari ci teniamo a ripetere) su sette mandati in onda (segnatevi questo numero) abbiamo appena iniziato a vedere quella che è lo svolgersi dell’intreccio di The Last of Us Parte 2 per le quali sono state già confermate e messe in produzione almeno altre due stagioni (Neil Druckmann teorizza anche una ulteriore per terminare la storia) e visti i ritmi di produzione attuali avremmo il termine della vicenda tra il 2029 e il 2031, un sacco di tempo per una storia già raccontata e vissuta dai videogiocatori nel 2020 e la mancanza di una struttura verticale che rende gli episodi un mero frazionamento di un lungo film risulta pesante e, alle volte davvero frustrante. Non sarebbe necessario porre l’accento su questo aspetto se non fosse che ci sono altri due precedenti eccellenti: Dune Prophecy dove in 6 episodi si è a malapena disegnato il mondo e ancor peggio House of The Dragon dove la guerra civile più sanguinosa di Westeros, la danza dei draghi, tarda ancora ad arrivare. A termine della prima stagione si era preannunciata guerra e a termine della seconda la guerra sembra sia arrivata dopo a malapena una schermaglia, un Matt Smith dedito a cazzeggiare per Harrenhal in preda alle allucinazioni per 8 interminabili episodi, e una singola morte eccellente nel cast. House of Dragons nella sua seconda stagione, nonostante l’estrema qualità di tutto il comparto tecnico e recitativo, ha temporeggiato sconciamente ritardando le inevitabili battaglie principali della vicenda alla stagione successiva rischiando, qualora si dovessero stringere i tempi, di privare gli spettatori di episodi ed eventi che potrebbero fare la fortuna della serie (Come lo fecero per Game Of Thrones la battaglia di Blackwater, la battaglia dei Bastardi o il duello fra la vipera e la montagna).
Ed ecco quindi il problema principale di The Last Of Us (e mi sento di dire di buona parte della produzione televisiva odierna) che non è la non somiglianza di Bella Ramsay con Ellie, o la mancanza di massa muscolare di Kaitlyn Denver per interpretare Abbie, o ancora il cambio di etnia di vari personaggi o le rappresentazioni LGBT (che ricordiamolo ai detrattori, sono parti presenti anche nella serie videoludica), ma la scarsità di elementi di trama atti a far si che lo spettatore possa avere soddisfazione ad ogni singolo episodio in modo da
desiderare ed avere la pazienza di attendere i tempi ormai biblici di produzione di una nuova stagione. Con questo tipo di ricetta e con un incedere elefantico della trama orizzontale, dove in 7/9 ore non viene raccontato alcunchè e viene tutto rimandato alla stagione seguente (perfino I Soprano nella quinta stagione, un incipit all’arco finale, ha perso di ritmo) vi è il rischio concreto che un prodotto qualitativamente eccellente come The Last Of Us, con una storia dai temi profondi e attuali,venga vista e contestualmente dimenticata portando ad una riduzione drastica di pubblico nella stagione successiva e questo sarebbe un gran peccato. A salvarci c’è l’Italia con due eccellenti produzioni che hanno saputo giocare bene con il concetto di verticalità e orizzontalità: Il visionario e folle M – Il figlio del Secolo e The Bad Guy, grottesco Crime Drama che oscilla fra Guy Ritchie e Quentin Tarantino.
Italians do it better.