Cronaca

Incendio devasta un appartamento, colpa del caricatore della sigaretta elettronica

Un incendio così potente da provocare un rogo che ha reso inagibile un appartamento. Quello che sembrava un incidente domestico dovuto a un malfunzionamento di uno scaldino si è rivelato ben altro: le fiamme sono partite dal caricatore di una sigaretta elettronica.

Per il Tribunale civile di Ferrara, infatti, le fiamme che hanno letteralmente divorato una casa nel Comune di Lagosanto, la mattina del 17 aprile del 2023, sono partite dal caricatore difettoso, e non a norma, di un dispositivo elettronico che si usa per «svapare». Conclusioni a cui sono arrivati i giudici civili durante il processo per il risarcimento dei danni, nel quale è stata ricostruita l’intera vicenda anche grazie a una perizia tecnico-legale.

Nei giorni scorsi il giudice Maria Marta Cristoni ha pubblicato la sentenza di primo grado, in cui ha riconosciuto responsabile del terribile rogo l’inquilino dell’appartamento che è stato condannato a pagare circa 122mila euro al padrone di casa, tra danni e spese legali. L’uomo, rappresentato e difeso dall’avvocato Stefano Forlani, ora potrà proporre appello ovviamente, e cercare anche di interrompere l’esecutività immediata della sentenza o cercare un accordo con l’avvocato del padrone di casa, Federico D’Anneo. Si vedrà.

Per i periti del giudice: «Le cause dell’incendio vanno ravvisate dunque, da un lato, nell’utilizzo di un caricatore inadatto per la ricarica della sigaretta elettronica e che ha condotto al fenomeno di “runaway termico” e, dall’altro, nell’ubicazione di tale dispositivo, mentre era in fase di ricarica, su una superficie facilmente combustibile cioè un divano in tessuto sintetico».

Tali conclusioni sono state accolte in toto dal Tribunale che ha escluso altre cause all’origine del rogo, compresa una presunta e mai provata vetustà dell’impianto elettrico. All’inizio, in effetti, l’incendio sembrava essersi propagato da uno scaldino ma poi nel procedimento giudiziario per stabilire danni e risarcimenti, ben due perizie hanno stabilito che proprio quel caricatore di sigarette elettroniche aveva scaldato a tal punto le fibre sintetiche con cui era a contatto, da far divampare le fiamme. L’impianto, invece, è risultato a norma.

Al momento dell’incendio in casa c’era la compagna di allora dell’inquilino, che alle 6 e 30 del mattino era stata svegliata dai fumi e dalle fiamme e si era messa in salvo. Il padrone di casa però non sapendo all’epoca a chi attribuire l’esatta responsabilità, e sicuro che l’impianto elettrico di casa fosse a norma, aveva fatto causa ad entrambi, al suo inquilino e alla sua fidanzata che però solo casualmente si trovava quella mattina nell’abitazione e non usava sigarette elettroniche. I danni per l’incendio furono così ingenti che il Comune aveva poi dichiarato inagibile l’immobile.

L’uomo, stando al resoconto processuale, in sede di interrogatorio ha ammesso di aver messo lui in carica la sera prima la sua sigaretta elettronica, escludendo quindi ogni responsabilità da parte della sua fidanzata. «Ho messo in carica la sigaretta elettronica nella parte destra della stanza soggiorno dove c’erano altre prese elettriche», ha dichiarato ai giudici, dichiarazione che per il Tribunale ha assunto un valore confessorio.

E’ lui l’unico responsabile del rogo per i giudici perché avrebbe agito con negligenza, «tanto più grave se poi si considera che costituisce dato di comune esperienza quello per cui la batteria di qualunque dispositivo elettronico, quanto è posta in carica, può surriscaldarsi facilmente o addirittura esplodere, provocando scintille e fiamme e non va messa a contatto con materiale sintetico». Questa la sentenza di primo grado.

(Fonte Corriere di Bologna)