Linea Oriente

Il ruolo storico della Gran Bretagna nella questione palestinese, e non solo

Il Medio Oriente, che molti di noi conoscono solo dai servizi documentari, e che ci appare così sfumato, come un’ombra nel deserto, può sembrare una specie di miraggio, non è così ovviamente, è qualcosa di concreto con precise radici storiche. Ma spostiamoci per un momento in Etiopia: Ras Menelik (che aveva sconfitto gli italiani ad Adua) ebbe a dire: “Rimarranno cinque re sulla terra, i quattro del mazzo di carte e il re d’Inghilterra”. Il re, o la regina, cambia poco. Siamo portati a pensare che i paesi europei che abbiano ancora la monarchia (che non è solo di rappresentanza) siano più avanzati della nostra Repubblica e ci sbagliamo. Per secoli la Gran Bretagna è stato un paese isolato, per un legionario romano essere spedito in Britannia equivaleva andare ai confini del mondo conosciuto. Un giorno gli inglesi impararono a navigare e il loro impero si estese seguendo le rotte dei sette mari in ogni angolo del pianeta. Potevano mancare in Medio Oriente? Certo che no, quindi iniziamo col dire che nel 1922 la Società delle Nazioni ovvero l’istituzione che precede l’ONU aveva conferito loro un mandato per amministrare la Palestina, di conseguenza i britannici avevano stilato un protocollo che prevedeva la creazione di Israele. Questo aveva provocato aspre reazioni e in seguito venne stilato un altro documento con una diversa proposta di divisione del paese. Negli anni ’20 del secolo scorso ebbero luogo una serie di rivolte arabe fomentate dagli stessi inglesi in funzione anti-turca, l’impero Ottomano era appena caduto e in tanti volevano la loro parte di bottino in termini di territorio. In questo contesto operavano anche gruppi armati di sionisti con azioni terroristiche, scontri con i palestinesi e attentati durante tutti gli anni ’40. Gli emissari di sua maestà britannica come tutte le potenze imperiali che abbiano nella loro prospettiva il dominio del mondo giocavano sporco su tutti i tavoli. Si può affermare, ed è già stato scritto, che prima fecero promesse agli arabi, poi ai francesi e infine agli ebrei che in un certo periodo vennero respinti ma che poi ottennero il loro “focolare nazionale”. Questo fino alla fine del mandato britannico nel 1948 ma a quel punto anche il loro impero andava verso la dissoluzione e si può ragionevolmente pensare che non avessero più il controllo della situazione. Già nel 1947, manifestata l’intenzione da parte britannica di abbandonare l’area, l’Assemblea Generale delle neonate Nazioni Unite sanciva la divisione del territorio palestinese in due stati. Questa soluzione non fu sottoscritta né dal Regno Unito né dalla Lega Araba. Nel 1948 i paesi arabi confinanti intrapresero una azione militare congiunta per distruggere il nuovo stato israeliano che risultò assolutamente inefficace: le truppe sioniste li sbaragliarono e occuparono più territorio di quello che era stato assegnato a Israele. Lo stato di Palestina faticava a nascere per motivi legati all’occupazione ma anche alla cecità dei propri leader. 700.000 palestinesi in quella che loro chiamano nakba, cioè catastrofe, si riversarono nei paesi arabi disposti ad allestire campi profughi per accoglierli tra i quali Giordania, Libano, Siria. Nel 1967 un altro conflitto con i paesi arabi portò gli israeliani ancora vincitori a occupare la Cisgiordania e la Transgiordania, che prima appartenevano alla Giordania, e la striscia di Gaza che era dell’Egitto dove attualmente si trovano i campi profughi più conosciuti mentre la maggioranza dei palestinesi nel mondo vivono una condizione di apolidi impossibilitati a tornare in un posto che una volta era casa loro.