Nessuno lo aveva sognato. Ma è lui. Il primo Papa americano della storia. Si chiama Robert Francis Prevost, viene da Chicago, ed è un agostiniano. Ma con un passo diverso. Più americano, più diretto, più terreno.
Sul balcone, la sua voce: “La pace sia con tutti voi. Sia disarmata e disarmante.”
Parole pesanti, parole scelte. Un inizio senza inchini, senza cerimonie. Subito carne viva.
Prevost ha 69 anni, parla spagnolo, inglese, italiano. Ha lavorato nelle missioni in Perù, tra i poveri veri, quelli dimenticati anche da Dio. Conosce la strada. Non arriva da palazzi ovattati, ma dalla polvere. Non ha una faccia da statua. Ha rughe vere. E lo sguardo di chi ha ascoltato più confessioni che consigli.
Trump ha detto: “Non vedo l’ora di incontrarlo.”
Putin lo ha salutato con un telegramma secco.
Ma la gente, quella vera, resta a guardare. Aspetta. Si chiede: “Chi è questo Papa?”.
Non è carismatico. Non è telegenico. Ma ha una presenza che pesa. Ti fissa, non ti distrae.
E allora è questa la novità: non ci serve più un Papa da copertina, ci serve uno che scenda nei fango, che sappia ascoltare, che parli semplice. Leone XIV potrebbe essere proprio questo.
O forse no. Forse ci stupirà. Forse spaccherà la Chiesa.
Ma oggi non importa.
Oggi c’è un Papa nuovo. È venuto da lontano.
E ha detto solo una cosa: pace. Ma vera. Senza armi.