“Il nuovo canto dell’eterno riflesso”, il giorno della finale di Sinner e Alcaraz
Aria rarefatta, aria d’afa che morde ed avanza d’asfissia testarda in finto crepuscolo di sabato che giugno già si fa lacerato. Aria, aria che manca. E non c’è più tramonto. E non c’è più alba.
C’è solo questo tempo sospeso che i polsi azzanna e azzera il fiato. C’è questo oggi che non è giorno, non è notte, non è ora e non è domani, ma è mero spazio incastonato fra le ossa del mondo. Ed è lì, in quell’incastro, che oggi pomeriggio, sul quel sacro suolo di Francia, due gemme emerse dall’abisso della nuova era si affronteranno.
Non più uomini. Non più ragazzi. Non più atleti. Ma specchi vivi in cui il fato ha deciso di contemplarsi, ammirarsi, dilaniarsi. Ombra e luce. Fuoco e ghiaccio. Vortice e lama. Istinto e calcolo.
Il tennis moderno li ha generati, il tempo li ha forgiati, la Storia ora li vuole in un primo duello che già piega e spezza il respiro.
Carlos. Il Sole che stride.
Corpo di linfa e di fiamma, Centauro infuoca che corre e brucia ogni spazio con sorriso di folgore. Non cerca la perfezione: la impone. Non teme il limite: lo frantuma. Ad ogni colpo è canto di battaglia, ad ogni scambio è tempesta che s’alza. Ha in sé il sangue arso della sua terra. Murciano e quasi marziano che marcia d’anima, guerriero di cuore. Gioca per dominare. Vive per travolgere. E quando il suo piede tocca la terra è la terra stessa che trema.
Jannik. Il DoloMitico Ghiaccio che di bisturi taglia. Non corre. Scivola e vola. Non brucia. Gela. Non urla. Incide. Il suo tennis non chiede: ordina. Ogni movimento è scritto nell’aria con l’inchiostro della perfezione. Porta in sé il silenzio delle vette, la solitudine dei venti, la freddezza della neve che sa quando sciogliersi e quando uccidere. Non concede, non esita, non perdona. E quando colpisce, la palla di Schiaffo di Dio non viaggia: scompare. E poi in faccia riappare.
Oggi alle 15, il campo sarà un’arena stretta. Non luogo, ma gabbia. Non spazio, ma abisso.
Non finale, ma rito. Perché il mondo intero si specchierà nei loro corpi. In ogni scambio, in ogni fiammata, in ogni riga sfiorata. Due opposti che non possono esistere separati. Due metà di una medaglia forgiata nell’inferno del nuovo tempo. Uno, Alcaraz, che strappa, che morde, che spacca il cielo a mani nude. L’altro, Sinner, che lima, che plasma, che tesse trame invisibili fino a strangolare. E noi, qui, con il cuore serrato in gola, non conteremo i punti: conteremo i battiti che perdiamo.
Non seguiremo il punteggio: seguiremo il destino che si scrive.
Perché questa non è una partita. È una visione. Non è un evento. È un’incisione sull’asse del tempo e del mondo. Domani il vecchio cadrà. I nomi antichi svaniranno.
Non ci saranno più altri padroni. Non ci saranno più i soliti dei. Solo loro: Carlos e Jannik. Yin e yang. Sole e luna. Respiro e apnea. E quando l’ultimo punto sarà caduto sulla terra rossa come una goccia di sangue o di rugiada, il mondo saprà che nulla potrà più essere come prima. Perché questa è la genesi di una nuova era.
Ed è qui. È ora.
E noi ci saremo, occhi sbarrati, inchiodati all’eterno riflesso. Senza scampo. Senza pace. Senza respiro. Fino all’ultima, definitiva luce.