"Le Palle Delprete"

Halle Atp, Sinner deve arrendersi a Bublik e a sorpresa esce dal torneo agli ottavi di finale

Oh, rega’, famo a capisse’, però. Lo so, ce brucia. Forte, fortissimo, ncredibilmente forte. Brucia che più te gratti più te brucia. E nun da mo’, ma dall’otto giugno. Epperò, rega’, famo a capisse. Ma veramente. Perché rega’ il Tennis è bello proprio perché è questo. Il Tennis è bello proprio perché è così.
Il Tennis è duro. Il Tennis è irascibile e giudice ingiudicabile ma giudicante.
Il Tennis è severo censore; è destino inafferrabile crudele; è scisma d’anima solitaria e solitante di solitudine scomposta e urlante. Il Tennis è demone strisciante sotto pelle. Il Tennis è fendente di lama ficcata d’improvviso fra scapole di presente. Il Tennis è possenza e un po’, a volte, è – un po’ di forze e determinazione – senza. Il Tennis è crisma e unzione del latente che in rapporto di forze sistema e poi distrugge l’esistente.
Il Tennis è rappresentazione allegorica e irridente – su campo di righe segnate come lacrime sgorgate – della bastardaggine di vita e del credente. Il Tennis è quello che siamo, quello che vorremo essere e quel che saremo. Il Tennis è vita. Vitale e spenta. Totale e assente. E allora – e chi son io per dirlo a voi – la vita in fin dei conti è proprio questa. Trucida e fulgente. Lurida e struggente. Sofferente e ammaliante. E allora sì, famo a capisse pe’ l’ultima volta: nella vita gli alieni, i supereroi, gli invincibili, gli assoluti per sempre, non esistono. E non esisteranno mai. Caduto pure Achille, lo figlio così quasi perfetto dell’amor di Teti e rabbia da Dèi fuggiti in seno per briciola d’umanità e di tallone retto da dita in Stige, qual speranza o voi mortali riservate veramente nel decorso di altra Immensa Scintilla – ma sempre come noi mortale – completamente immune e sol vincente? Nessuna. Ma seriamente.

E allora, cogliamo ancora dolce – e umanizzante – altra sconfitta che di pelo d’erba ci inceppa, perché di riporta al nucleo della verità di realtà, presenza essenza. Abbiamo visto cadere fra lacrime divine anche Re Roger. Abbiamo visto quel Robot totale di Serbo Rancore cadere all’ultimo centimetro del Grande Slam.
Abbiamo visto Rafa contorcersi di dolore e ingiustizia, per un gradino non compiuto. E abbiamo visto Murray soccombere triste e felice solo per l’esser nato pur perfetto realizzato – di tristezza innato – in stessa epoca di tre feroci Titani che solo briciole gli hanno donato. E poi ancora abbiam visto lo talento della Murcia soffrire e cadere con perfetti sconosciuti. Abbiamo visto la luce di Rublev spegnersi sotto meteore schiamazzanti di terrore per sé stessi. E tanti altri talenti di tutto illuminarsi, per poi immantinente perdersi. Abbiamo visto e ancor vedremo, ve lo giuro e assicuro. Perché – proprio come in vita – lo Tennis è metafora sfuggente. E allora solo una cosa io vi chiedo, al netto di qualche triste tarzanello festeggiante che di Tennis e Vita proprio capisce niente: sorridete, ora e adesso. Senza veleno.
Pensate, prima d’esser tristi. Perché non ci si deve mai abituare alla sola
vittoria, perché non è normale. Ed è allora proprio questa inaspettata caduta che l’incredibile percorso lungo un anno e mezzo è lì, a disegnare. E se allora è vero che del diman non v’è – e non ci sarà, non serve lo Lorenzo, l’Alto e Eletto e non il Carrarino, a ricordarlo – certezza, per questa vita allor serve corazza. Perché forse ci siamo abituati fin troppo bene, con Scintilla e lo movimento tutto che d’Azzuro veste e spacca, in questo anno e passa. E allora ben venga questa sconfitta, a ricordarci che la vita no, non può essere sempre così gioiosa fatta. Anche perché è da qui che ci si rialza, sempre e comunque.