Cronaca

Gli negano di andare in bagno in azienda e lui se la fa addosso, ora dovrà essere risarcito

Il capo non gli concede di andare in bagno, ora l’azienda dovrà risarcirlo dei danni morali. Incredibile ma vero ciò che è successo a L’Aquila. Un operaio presso un’azienda automobilistica aveva citato in giudizio il datore di lavoro, chiedendo di essere risarcito con alcune migliaia di euro per non aver potuto orinare, usufruendo dei servizi igienici in orario di lavoro. L’uomo di fatto non fu autorizzato a recarsi in bagno dal suo superiore – la prassi aziendale imponeva infatti il via libera della figura del team leader – vedendosi impedito l’esercizio di uno dei più scontati diritti della persona. A destare incredulità è proprio la descrizione stessa di quanto successo che, fin dal primo grado di giudizio, gli avvocati dell’uomo hanno riportato in tutti i particolari. In osservanza delle regole aziendali, il lavoratore subordinato aveva ripetutamente, ma invano, azionato il dispositivo di chiamata di emergenza per potersi allontanare dalla sua postazione. Solo a quel punto, senza aver ancora avuto l’ok e giunto allo stremo, aveva deciso di correre ai servizi igienici “non riuscendo a evitare di minzionarsi nei pantaloni” – come si legge nella sentenza della Corte di Cassazione.

Evidentemente imbarazzato per l’accaduto e al fine di tornare alle sue mansioni con una giusta dose di tranquillità, l’uomo aveva chiesto di cambiare i propri indumenti al più presto, ma il permesso, anche in questo caso, non gli fu dato e l’uomo dovette aspettare la pausa. L’operazione di cambio abiti avvenne peraltro senza alcuna intimità e protezione da sguardi indiscreti, ma anzi aumentando ulteriormente l’imbarazzo davanti agli altri lavoratori, donne incluse.

La Cassazione conferma il risarcimento.
In primo e in secondo grado, i giudici si sono schierati, senza sorprese, dalla parte del dipendente. In particolare, già alcuni anni fa il magistrato dell’appello aveva confermato la decisione del tribunale per il risarcimento dei danni non patrimoniali, perché i fatti di causa e le prove presentate dal lavoratore mostravano con una certa chiarezza la lesione alla dignità personale.

Si sarebbe trattato dunque di una violazione dell’art. 2087 del Codice Civile, all’operaio andranno 5 mila euro di risarcimento danni morali più spese legali.