Linea Oriente

Gaza, c’è chi vorrebbe decidere il futuro senza il parere dei cittadini, l’unico che conterebbe

Che cosa sta succedendo a Gaza? In un articolo apparso giorni fa sul Fatto a firma della ex ambasciatrice Elena Basile, voce lucida e autorevole in quanto conoscitrice delle dinamiche della diplomazia, si afferma che il piano di pace per Gaza è una farsa, un ritorno ai mandati del colonialismo ottenuto forzando il diritto internazionale. In effetti il piano proposto non prevede l’intervento dell’Onu e metterebbe il presidente degli Stati Uniti a capo di un consiglio in condizioni di decidere come dovrebbero governarsi i palestinesi. A questa proposta paiono allinearsi sia l’Anp che i moderati probabilmente valutando eventuali vantaggi personali soprattutto di carattere economico considerata la presenza in gioco di capitali multinazionali e possibili elargizioni da parte della comunità internazionale. Quello che va notato è che esiste una sottile differenza fra tregua e cessate il fuoco che non è solo linguistica: dal punto di vista giuridico una tregua è un accordo tra le parti meno vincolante di un cessate il fuoco formale. Per altro Israele non ha mai allentato la sua pressione su Gaza, sulla striscia e sulla Cisgiordania dove si intensificano sia le operazioni militari con la scusa dell’antiterrorismo che le intemperanze dei coloni.

In tutto ciò dalle rovine di Gaza emerge vittorioso Hamas che ha comprensibilmente scelto di non disarmare; appare difficile come si è paventato che una forza militare esterna formata dai paesi arabi moderati possa prendere il controllo della città e della striscia senza farvi i conti. Non paia una presa di posizione la mia, cosa che potrei esprimere al massimo a titolo personale. Si tratta di capire l’importanza che in questo momento ha il partito di Hamas, compresa l’ala militare, per i palestinesi di Gaza – e forse non solo per loro – in quanto elemento coagulante delle fazioni politicamente avverse ma unite nella lotta, come accadde da noi durante l’occupazione nazista, che negli ultimi anni hanno opposto una tenace resistenza mettendo in crisi uno degli eserciti più preparati del mondo. L’opinione pubblica occidentale deve prendere atto che si tratta soprattutto di una resistenza armata da parte di giovani che durante la loro vita non hanno conosciuto altro che l’occupazione, i bombardamenti, le macerie, i campi profughi, le privazioni, la scomparsa di amici e familiari nelle prigioni israeliane o peggio la loro morte.

Giovani che non hanno nulla da perdere e tutto da guadagnare. Vanno bene le nostre manifestazioni rilanciate dai media che hanno sollecitato l’attenzione da parte di molta gente sulla questione palestinese, vanno bene per lo stesso motivo le missioni come quelle delle flotille che hanno messo in luce tutte le criticità del caso. Ma oltre alla capacità politica di Hamas ciò che ha posto i palestinesi di Gaza nella posizione di poter negoziare direttamente con gli Usa è la ferrea volontà dei suoi combattenti e lo affermo senza retorica avendo letto i documenti diffusi dalle forze irregolari unite che non intendono cedere le armi al nemico occupante. Giusto o sbagliato sta solo a loro decidere.