Cronaca

Emanuela Orlandi, il mistero infinito, 42 anni di silenzi e segreti, e il fratello Pietro a Lucca scuote le coscienze

Un momento dell'incontro di ieri 14 maggio a Lucca

Oltre 200 persone, ieri 14 maggio, all’Augusta Festival per l’incontro con Pietro Orlandi e Alessandro Ambrosini. Un grido di verità dopo quattro decenni di inchieste mai approdate a nulla, depistaggi e omertà. Manca ancora la verità. “Cercando Emanuela” non è stato solo un evento, ma una ferita ancora aperta, che a Lucca ha fatto battere forte più di duecento cuori. Nella suggestiva cornice della Casa del Boia, all’interno dell’Augusta Festival, Pietro Orlandi ha raccontato la storia della scomparsa di sua sorella, Emanuela Orlandi, con la voce rotta e gli occhi lucidi, ma la determinazione intatta di sempre. Con lui sul palco, il reporter di cronaca nera, Alessandro Ambrosini, impegnato da anni nella ricerca delle verità più scomode. Emanuela aveva 15 anni quando è svanita nel nulla a Roma, dalla Città del Vaticano dove viveva. Studiava pianoforte, flauto traverso e canto corale. Era il 22 Giugno del 1983 la mattina in cui chiese al fratello Pietro di accompagnarla a scuola. Lui non poté, doveva accompagnare la fidanzata all’università e andò da sola. “Uscì sbattendo la porta – ricorda Pietro – non avrei mai immaginato che sarebbe stata l’ultima volta che l’avrei vista”.
Da quel momento è iniziata una vicenda fatta di depistaggi, omertà e silenzi istituzionali, che dura da oltre 40 anni. Non è mai stato ritrovato il corpo e ancora non si conoscono motivi e responsabili della sua sparizione e verosimilmente del suo omicidio. La sera stessa della scomparsa la famiglia si recò in questura a Roma per sporgere denuncia, ma si vide respingere con frasi che oggi suonano come uno schiaffo: “Ma che volete sia successo? Non è nemmeno una bella ragazza”. Una risposta che se vera come afferma Pietro sarebbe inaccettabile senza bisogno di altri commenti. Questo è ciò che ha affermato a Lucca Pietro Orlandi. Il Vaticano ad ogni modo fu informato sulla scomparsa prima ancora della polizia perch la famiglia viveva in Vaticano. Giovanni Paolo II, all’epoca in visita in Polonia, lanciò un appello pubblico il 3 luglio, parlando da subito di rapimento e non di fuga volontaria. Ma la verità rimase sepolta. E il pontefice, Santo daa alcuni anni, secondo Pietro Orlandi, “è morto portandosi tutto nella tomba”. Nel 2005, una segnalazione anonima al programma “Chi l’ha visto?”, parlò di un collegamento tra Emanuela e la tomba di Enrico De Pedis, boss della Banda della Magliana, sepolto nella basilica di Sant’Apollinare: dove furono trovate 200 cassette piene di ossa umane. “Perché De Pedis era stato sepolto in quel luogo sacro? Perché sono stati spesi 500 milioni di lire per ristrutturarne il sepolcro?”. Continua a chiedersi Orlandi e moltiinsieme a lui. Ambrosini ha poi sottolineato che “una verità non è tale se non viene vissuta e condivisa da tutti”, ma nel caso di Emanuela, la verità sembra inaccessibile.
Pietro è convinto che il Vaticano sappia perfettamente cosa sia successo, ma che da decenni scelga di non parlare. Il silenzio si è ripetuto con ogni Pontefice. Quando Papa Francesco venne eletto, nominò il nome di Emanuela dopo poche settimane, spezzando un lungo tabù. I familiari sperarono in una svolta, invece si sentirono dire: “Emanuela sta in Cielo”. Pietro racconta di quanto Papa Francesco apparisse a disagio di farsi vedere in sua presenza, a suo dire. Tanti colloqui richiesti, ma mai una parola chiara, nessun gesto concreto, solo l’ennesimo muro, secondo il suo racconto. E sempre secondo l’affermazione di un’amica, – affermazione che però poi è stata ritrattata dalla medesima, forse dietro presunte pressioni – Emanuela aveva confidato che qualcuno molto vicino al Papa “ci provava con lei”. Se fosse vero, il movente del suo rapimento potrebbe essere ben più torbido di quanto immaginato finora. Oggi, dopo il clamore mediatico sollevato dal documentario Netflix “Vatican Girl” e l’interesse dell’opinione pubblica, il Vaticano ha aperto un’inchiesta interna. Pietro continua la sua battaglia con lo stesso dolore e la stessa determinazione di quel giorno del 1983. “Il Vaticano sembrava il posto più sicuro al mondo – ha detto Pietro Orlandi – invece, è stato il luogo da cui Emanuela non è mai più tornata”. La speranza è ancora qui, nel presente. Forse nel nuovo Papa, forse in una rinnovata coscienza collettiva che non accetti più il silenzio. Forse, si vedrà.