Cronaca

Durante l’omelia il cardinale riprende le parole di Papa Francesco: “Nessuno si salva da solo”

“Nessuno si salva da solo. Di fronte all’infuriare delle tante guerre di questi anni, con orrori disumani e con innumerevoli morti e distruzioni, Papa Francesco ha incessantemente elevata la sua voce implorando la pace e invitando alla ragionevolezza, all’onesta trattativa per trovare le soluzioni possibili, perché la guerra – diceva – è solo morte di persone, distruzioni di case, ospedali e scuole”.

Il cardinale Giovanni Battista Re, lo sguardo fermo e una voce che non lascia sospettare i suoi novantun anni, ripercorre nell’omelia per i funerali del Papa (qui il testo integrale) i momenti fondamentali del pontificato di Francesco davanti ai Grandi della Terra che spesso lo hanno ignorato, o contestato.

«La guerra lascia sempre il mondo peggiore di come era precedentemente: essa è per tutti sempre una dolorosa e tragica sconfitta. “Costruire ponti e non muri” è un’esortazione che egli ha più volte ripetuto e il servizio di fede come Successore dell’Apostolo Pietro è stato sempre congiunto al servizio dell’uomo in tutte le sue dimensioni».

Vale per Bergoglio ciò che diceva di sé Hélder Câmara, arcivescovo brasiliano che fu più volte minacciato negli anni della dittatura militare e veniva chiamato il «vescovo rosso» per il suo impegno in favore dei poveri: «Se do un pane a una persona affamata, la gente dice che sono un santo. Se chiedo perché questa persona ha fame, mi dicono che sono un comunista».

Così, nell’omelia, il Decano del Collegio cardinalizio scandisce: «È stato un Papa in mezzo alla gente con cuore aperto verso tutti». E ricorda: «Innumerevoli sono i suoi gesti e le sue esortazioni in favore dei rifugiati e dei profughi. Costante è stata anche l’insistenza nell’operare a favore dei poveri».

Un lungo applauso di leva dalla piazza, quando il cardinale Re aggiunge: «È significativo che il primo viaggio di Papa Francesco sia stato quello a Lampedusa, isola simbolo del dramma dell’emigrazione con migliaia di persone annegate in mare. Nella stessa linea è stato anche il viaggio a Lesbo, insieme con il Patriarca Ecumenico e con l’Arcivescovo di Atene, come pure la celebrazione di una Messa al confine tra il Messico e gli Stati Uniti, in occasione del suo viaggio in Messico».

Si vedono fedeli commossi, quando conclude: «Caro Papa Francesco, ora chiediamo a Te di pregare per noi e che dal cielo Tu benedica la Chiesa, benedica Roma, benedica il mondo intero, come domenica scorsa hai fatto dal balcone di questa Basilica in un ultimo abbraccio con tutto il popolo di Dio, ma idealmente anche con l’umanità che cerca la verità con cuore sincero e tiene alta la fiaccola della speranza».

La bara di cipresso è stata deposta sul sagrato di San Pietro, davanti all’altare, alle 10,10. L’arcivescovo Diego Ravelli, maestro delle celebrazioni, vi ha posato sopra un grande libro rosso, l’Evangeliario con i Vangeli di Matteo, Marco, Luca e Giovanni.

Dal quarto Vangelo si sono letti i versetti con le parole sul della vita rivolte da Gesù a Pietro: «In verità, in verità ti dico: quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo, e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi».

Ed ora il cardinale Re ripercorre la parabola del pontificato, fino alla fine: «Il plebiscito di manifestazioni di affetto e di partecipazione, che abbiamo visto in questi giorni dopo il suo passaggio da questa terra all’eternità, ci dice quanto l’intenso Pontificato di Papa Francesco abbia toccato le menti ed i cuori. La sua ultima immagine, che rimarrà nei nostri occhi e nel nostro cuore, è quella di domenica scorsa, Solennità di Pasqua, quando Papa Francesco, nonostante i gravi problemi di salute, ha voluto impartirci la benedizione dal balcone della Basilica di San Pietro e poi è sceso in questa piazza per salutare dalla papamobile scoperta tutta la grande folla convenuta per la Messa di Pasqua».

Ma nelle parole del Decano c’è anche un passaggio che indica la rotta ai cardinali che concelebrano la Messa esequiale e nei prossimi giorni continueranno a riunirsi prima di entrare nel conclave ed eleggere il successore. Nel pontificato di Francesco, come in ogni pontificato, c’è qualcosa di irreversibile, come un testimone che il Papa venuto «quasi dalla fine del mondo» consegna a chi arriverà dopo di lui: «È stato
un Papa in mezzo alla gente con cuore aperto verso tutti. Inoltre è stato un Papa attento al nuovo che emergeva nella società ed a quanto lo Spirito Santo suscitava nella Chiesa», chiarisce.

Qui sta il punto centrale: «Il filo conduttore della sua missione è stata la convinzione che la Chiesa è una casa per tutti, una casa dalle porte sempre aperte. Ha più volte fatto ricorso all’immagine della Chiesa come “ospedale da campo” dopo una battaglia in cui vi sono stati molti feriti; una Chiesa desiderosa di prendersi cura con determinazione dei problemi delle persone e dei grandi affanni che lacerano il mondo contemporaneo; una Chiesa capace di chinarsi su ogni uomo, al di là di ogni credo o condizione, curandone le ferite».

(Fonte Corriere della Sera)