Scienza e società

Disturbi alimentari, in alcuni sport sono più diffusi rispetto ad altri

Disturbi alimentari: nello sport colpiscono il doppio. A rischio maggiore alcune discipline.In ambito sportivo il disturbo può riguardare l’ossessione per la massa muscolare insieme a quella per la perdita di peso. I segnali da non trascurare, il ruolo dei fit influencer e dell’obesità infantile.Si svolge dall’8 al 15 marzo la Settimana Lilla, iniziativa promossa dalla Fondazione Maria Bianca Corno (che unisce diverse associazioni e fondazioni operanti in Lombardia) per sensibilizzare riguardo ai Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione (DNA).
Giunta alla sua terza edizione, culminerà il 15 marzo nella Giornata nazionale del Fiocchetto Lilla, istituita ufficialmente grazie all’associazione «Mi nutro di vita» in ricordo di Giulia, una ragazza morta a 17 anni nel 2011, proprio il 15 marzo.

I numeri
I Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione sono un’epidemia silenziosa con dati in continuo aumento: la rilevazione del Ministero della Salute per il 2024 ha censito 3.760.560 persone che ne soffrono (il 30% sotto i 14 anni), con nuovi casi per il 2024 pari a 1.890.589 (contro i 1.680.456 del 2023) e 3.158 decessi correlati.

Sono malattie il cui esordio è sempre più precoce (con bambini di 8-9 anni che presentano sintomi di DNA tipici dell’età adolescenziale e adulta, soprattutto di tipo anoressico) e che riguarda sempre più anche i maschi: sono il 10% dei pazienti, ma nella fascia di età 8-12 sono il 30% e nella fascia 12-17 il 20%.

La prevalenza dei singoli DNA è anche leggermente cambiata: l’anoressia nervosa non è più al primo posto, adesso c’è la bulimia con il 32%, poi l’anoressia con il 31%, il Binge Eating disorder con il 18% e con il 19% gli EDNOS, i disturbi dell’alimentazione non altrimenti specificati, tra cui la vigoressia (si veda sotto) e l’ortoressia.Nello sport incidenza doppia
Alle soglie dell’anno Olimpico abbiamo voluto dedicare un focus alla presenza dei disturbi alimentari nel mondo dello sport perché l’incidenza di queste patologie nell’ambito sportivo è doppia, parametrata ai numeri riguardanti il resto della popolazione.

Ne abbiamo parlato con Laura Dalla Ragione, psichiatra e direttrice della Rete di servizi sui DNA dell’Usl Umbria 1 e del Campus Biomedico di Roma: «Le performance sportive sono diventate un momento di difficoltà per tantissimi giovani. L’incidenza di DNA è appunto doppia a parità di età e genere, ci sono moltissime ricerche che lo confermano. Lo sport, che è una cosa meravigliosa, per alcuni può diventare un fattore di rischio di disturbi alimentari».

Esistono DNA specifici del mondo dello sport?
«Esiste la vigoressia o bigoressia (dall’inglese big) – risponde Dalla Ragione -, che è l’ossessione per la massa muscolare. Colpisce prevalentemente i maschi (per l’80%) e non riguarda la perdita di peso (come nell’anoressia), ma la costruzione di massa muscolare che diventa un’ossessione. I ragazzi passano ore e ore in estenuanti allenamenti in palestra, poi vanno a correre fino a tarda notte e iniziano un’alimentazione basata su diete iperproteiche (generalmente fai da te o suggerite da istruttori in palestra), spesso con l’uso di sostanze dopanti e steroidi anabolizzanti».Riguardo agli altri DNA, nello sport oltre all’anoressia nervosa è diffusa anche la bulimia?
«Certo. Nello sport (specie in alcune discipline) spesso il “problema” scatenante è l’obbligo di mantenersi entro un certo peso per poter accedere alle gare – spiega la specialista -. Ma spesso il ragazzo o la ragazza che fanno attività sportiva hanno fame e non riescono a trattenersi come vorrebbero, così, per mantenere il peso, usano metodi di compensazione propri della bulimia, come il vomito autoindotto, i lassativi, i diuretici. E la bulimia non è meno rischiosa per la salute: può portare a squilibri elettrolitici dovuti all’azione del vomitare più volte al giorno. Se si abbassa la quota di potassio nel corpo si può anche arrivare a un arresto cardiocircolatorio».

Quali sono gli sport più a rischio per i DNA?
«Danza, ginnastica artistica, pattinaggio. In generale le discipline dove bisogna mantenere un certo tipo di corpo, un certo tipo di peso – osserva l’esperta -. Il mondo della danza più di tutte le discipline è a rischio perché è fuori dal Coni, non ha una Federazione, quindi, non c’è alcun tipo di controllo o normativa. Nella danza è diffusa la cosiddetta “triade dell’atleta”: associazione di un disordine alimentare, di amenorrea (l’assenza di ciclo mestruale, ndr) e osteoporosi. C’è un’incidenza nelle ballerine professioniste del 30% circa. La perdita delle mestruazioni può determinare conseguenze, oltre che cliniche, anche psicologiche e l’impossibilità di raggiungere un peso “normale” in adolescenza può comportare ripercussioni sull’accrescimento osseo».Quali sono i campanelli di allarme cui prestare attenzione?
«Quando lo sport è divertimento, gioia, allegria, socialità, anche se lo pratichi per molte ore, va bene, fa parte della normalità della vita di un ragazzo – spiega Dalla Ragione -. Ci accorgiamo che non è così quando piano piano lo sport diventa un dovere: i ragazzi sacrificano la loro vita di relazioni, non escono più con gli amici a mangiare la pizza perché temono di perdere il controllo dell’alimentazione. E poi non dimentichiamo che i disturbi alimentari sono disturbi psichiatrici, quindi accanto al cambiamento di abitudini c’è un cambiamento vistosissimo di carattere: i ragazzi e le ragazze cominciano a diventare più tristi, più nervosi, più irritabili, non sono più felici».

Quali sono gli ostacoli che si frappongono alla diagnosi nel mondo dello sport?
«Molti comportamenti vengono scambiati per azioni normali nell’ambito della pratica agonistica, quindi, non vengono registrati come anomalie, spesso non viene registrato il cambiamento di umore – precisa la specialista -. Il ritardo nella diagnosi è più probabile nei maschi perché erroneamente si pensa ancora che i DNA siano una patologia solo femminile, mentre nel mondo dello sport i maschi nella fascia 12-17 anni sono il 30%. Il problema è spesso sottovalutato, anche perché le persone che hanno queste difficoltà non hanno la consapevolezza di malattia, quindi non chiedono aiuto».

Quali sono i principali fattori di rischio?
«I modelli culturali imperanti, che sono cambiati perché adesso riguardano la magrezza ma anche la massa muscolare. Modelli che transitano attraverso le piattaforme social, piene di fit influencer, che si improvvisano e non hanno alcuna competenza. Anche l’obesità infantile paradossalmente è un fattore di rischio – spiega Dalla Ragione -: perché si arriva all’adolescenza dopo aver subito bullismo e body shaming, con l’autostima bassissima e il vissuto di emarginazione legato allo stigma dell’obesità, allora si cominciano a fare diete e praticare attività fisica e questo può diventare un fattore di rischio».Esistono individualità più predisposte ai DNA rispetto ad altre? Si parlava in passato del tratto perfezionista…
«Un certo tipo di controllo sul peso e sul corpo, sulla massa muscolare, può favorirne l’esordio, però le patologie sono multifattoriali: per ammalarsi serve la concorrenza di vari fattori, collegati come dicevamo ai modelli culturali, probabilmente a una vulnerabilità genetica, a una storia personale familiare, anche a traumi».

Cosa sta dietro all’ossessione per la forma corporea?
«Nasconde il desiderio di controllare le emozioni: controllo il peso e le mie forme corporee perché così sento di poter controllare la mia vita interiore che in realtà non controllo per niente. Tutte le patologie alimentari hanno questo comune denominatore: una grande mancanza di autostima che può essere di origine traumatica, familiare, caratteriale», osserva l’esperta.

Come si interviene?
«Nel Coni, nelle società sportive, nelle Federazioni va diffusa una formazione specifica su questi problemi che è molto scarsa in questo momento: siamo ancora agli inizi mentre le patologie stanno esplodendo – dice la specialista -. È necessario capire che in questo momento c’è un’emergenza e il mondo sportivo è più colpito di altri. Proprio per proteggerlo, tutti gli istruttori a qualunque livello dovrebbero avere una formazione specifica sui DNA. Poi ci sarebbe molto da dire sul narcisismo di alcuni genitori che proiettano sui figli i propri desideri di vittoria e rivalsa e trascurano il fatto che il ragazzo o ragazza abbiano dei problemi. I genitori spesso hanno difficoltà ad accettare la realtà del disagio, anche perché l’attività sportiva viene vista in generale sempre come qualcosa di positivo. E lo è, ma non sempre e non per tutti», conclude Dalla Ragione.Focus 2025 sulle strutture di cura
Quest’anno (come gli anni scorsi) il focus della settimana di sensibilizzazione è sulla scarsità delle strutture di cura: il censimento che è stato presentato dall’Istituto Superiore di Sanità (Iss) elenca 150 centri in tutta Italia (si veda link sotto): «Sembrano tanti ma in realtà sono pochissimi – commenta Dalla Ragione – perché la metà delle Regioni non ha una rete completa di assistenza. I centri sono concentrati soprattutto nel Centro Nord mentre il Sud e le Isole sono assolutamente carenti.
C’è una carenza di fondi strutturale in sanità ma i disturbi alimentari sono una patologia emergente e non hanno trovato sufficienti reti di servizi».

Per cercare il servizio di diagnosi e cura dei disturbi alimentari più vicino a casa è possibile consultare la piattaforma online dell’Iss. C’è anche il numero verde 800 180 696 «SOS Disturbi Alimentari», nazionale, anonimo e gratuito, attivo 24 ore da lunedì a venerdì. (Fonte Corriere Salute)