Polvere di stelle

La musica, terra del cuore. Intervista a Davide Alogna

Musicista eclettico con una educazione internazionale, tra i violinisti più stimati al mondo. Instancabile studioso ed esploratore del repertorio novecentesco italiano. Davide Alogna, si divide, o si moltiplica tra concerti, incisioni discografiche, le lezioni al conservatorio di Como, il teatro e le direzioni artistiche di prestigiose rassegne, tra cui il festival Como Classica. Nel 2025 è direttore artistico della sezione “classica” del BaRock, il festival di musica classica e rock che si svolgerà a Piazza Armerina, in provincia di Enna, dal 25 aprile al 4 maggio (Lato A) e dal 30 maggio al 2 giugno (Lato B). La dedizione per la musica e l’impegno per la promozione della cultura musicale fanno di lui un prezioso ambasciatore dell’arte dei suoni. Davide Alogna suona un Tononi di Bologna del 1701.

Non ho ancora conosciuto il maestro Alogna, non di persona. Il nostro incontro si realizza dall’audio dello smartphone e ad intervalli irregolari, infilandosi tra i suoi molteplici impegni e dai luoghi più disparati. Ne percepisco tutta la vitalità. La sua voce accogliente e solare mi ha dato, sin da subito, l’idea di un artista e di un uomo generoso e sensibile.

L’ago della tua bussola indica il sud. Portaci con te, a sentire l’aria che ha nutrito le tue radici.

Come stai vivendo i preparativi del Barock festival?

«Sono nato a Palermo ma ho vissuto a Como fino a vent’anni, poi ho viaggiato tantissimo, sono stato tre anni a Parigi, a Bologna, a Firenze e in altre città europee eppure ho sempre sentito per la Sicilia un legame silenzioso ma forte, pur avendola vissuta poco, forse il tempo di una vacanza da bambino.
L’insegnamento al conservatorio di Reggio Calabria mi ha avvicinato ad essa, aprendomi le porte ad un’atmosfera diversa, più intensa; l’ho interpretato come un segno del destino, il cui filo invisibile mi tirava a sé, riconducendomi un po’ per volta alle mie origini. A quarant’anni ho sposato Anna, una donna del sud, con cui ho avuto due figli. Come un richiamo latente, sentire quella terra con il cuore e con la testa e portarla nella mia vita.
L’inverno scorso è arrivata l’opportunità di guidare artisticamente il Barock festival. È accaduto velocemente e la rapidità con cui tutto si sta muovendo stride con ciò che per me rappresenta la Sicilia, con il suo modo di assaporare la vita, ad un battito più lento e ad un respiro più profondo. Siamo in corsa per la realizzazione del festival e spero di arrivare a godermelo con più calma, lasciando che la musica riempia il corpo e lo spirito e mi rimetta a posto interiormente. Sono onorato del ruolo prestigioso che rivesto e mi sento un po’ come il figliol prodigo che torna alla sua terra per restituirle il meglio di sé, condividendo quarant’anni di esperienze e la sua passione più grande».

A Piazza Armerina la musica si intreccia con i luoghi e con le persone. Uno spazio fisico vitale che per quattordici giorni vivrà di suoni e di relazioni. Raccontaci della tua visione artistica, a cui tutti sono chiamati a fare esperienza.

«Parto dal presupposto che chiunque arrivi in Sicilia debba prepararsi ad entrare in una dimensione sospesa, dove i profumi si espandono, più dolci o più aspri; dove tutto meravigliosamente si amplifica, quasi esasperandosi. Chi sarà a Piazza Armerina nelle giornate del festival potrà liberarsi dei ritmi accelerati della routine per immergersi nell’atmosfera atemporale di un paesaggio stratificato che racconta la sua storia millenaria, aprendosi alla contemporaneità. Sono convinto che già varcare questa soglia permetterà di vivere autenticamente il festival. Porteremo sul palco generi che appartengono all’eternità e saremo testimoni di singolari commistioni: da Mozart alla musica inedita contemporanea, dai madrigali a Jimi Hendrix, da Paganini ai Beatles, da Bach ai Led Zeppelin e ai Queen. Il Barock si aprirà con due prime esecuzioni assolute: Suite Rock Island del chitarrista e compositore Daniele Fabio e Sogno di terra nuova di Sandro Laffranchini, primo violoncello solista del Teatro alla Scala. Sono composizioni dall’impianto classico ma senza confini. Sarà mettersi in viaggio con il pubblico, in ascolto di note nuove, senza voltare le spalle alla tradizione».

Dai palcoscenici di tutto il mondo a quello del cuore: qual è il tuo habitat naturale? Dove ti senti più a casa?

«Ho una vita molto intensa, fin troppo, e credo che il musicista oggi non possa limitarsi alla cura della preparazione tecnica; il suo pensiero dinamico crea relazioni e costruisce progetti attorno alla musica di cui si fa messaggero.
Il palco per me è quella dimensione in cui si raggiunge, come le pratiche indiane, uno stato di consapevolezza senza pensieri, dove lo stress magicamente si dissolve. Io so che quando sarò sul palco dimenticherò tutto e che ogni palcoscenico è sempre il più importante per me, ed è il mio habitat naturale. “So chi sono solo quando sto sul palco” è un’affermazione del maestro Bruno Canino, nella quale mi identifico pienamente. Amo la vita nella sua totalità, penso anche alla sfera sociale, agli amici, ai viaggi, e mi sento a casa quando mi dedico alle cose del cuore: alla mia famiglia e alla musica».

Hai dedicato il Barock festival alla tua mamma Mariella, siciliana, la prima persona ad averti “soffiato la passione per la musica”. Cos’è per te la musica?

«Mia madre, pianista, è stata la prima ad aver accompagnato le mie mani sul pianoforte mentre mio padre ha innaffiato le radici di quella passione, dandomi la possibilità di studiare e di trasformarla in una professione.
La musica è meravigliosa, anzi la vita lo è. Tutto concorre a regalarmi stupore, dalla natura alle persone che incontro ogni giorno. È un percorso di gioia che mi connette alla bellezza e alle energie del mondo. La Musica, quella che raggiunge l’anima e ci fa vibrare, arriva dai compositori che sono riusciti a realizzare l’unione armonica di quelle energie ad un livello superiore. Noi siamo vibrazioni e la mia famiglia non ha fatto altro che mettermi in connessione con tutto questo».

Un brano nel quale stai così bene, da cui non vorresti più tornare…

«Bellissima questa, c’è tanta musica pazzesca, anche la “leggera”, ma il brano dal quale non vorrei tornare, che vorrei suonare sempre… sono Le quattro stagioni di Vivaldi, l’opera più geniale che io abbia mai ascoltato. Ogni volta è sempre un viaggio, come tutta la musica del resto, ma le Stagioni hanno qualcosa in più, sono speciali».