Ci siamo abituati anche all’orrore, ormai le immagini hanno perso l’effetto choc del passato
Come ci siamo assuefatti all’orrore? Passando da un livello all’altro. Il primo conflitto di cui abbiamo nozione nella nostra cultura sfuma nelle nebbie del mito; la guerra di Troia, che per inciso oggi si trova in Turchia. È solo un episodio mitico? No, perché contiene elementi compatibili con il tramonto della civiltà minoica, riconosciuta come la prima sofisticata forma di civiltà europea, e l’ascesa dei micenei. Guerrieri coperti di bronzo si sfidavano nelle assolate pianure della Troade e Omero, che non esito a definire grande, li descrive da super partes. Gli opposti eserciti sono posti sullo stesso piano, non vi è differenza sostanziale tra le due umanità che si fronteggiano.
Ma l’insegnamento più importante è che alla fine tutti perdono qualcosa, anche i vincitori. La letteratura ha ampiamente descritto i conflitti ma i primi dei quali abbiamo testimonianze fotografiche sono la guerra di Crimea del 1853 (nella quale l’Italia si affacciava alla ribalta continentale come “potenza” emergente) e la guerra civile americana del 1871. Da qui in poi i fotografi documenteranno costumi e atrocità. Della prima guerra mondiale del 1914-18 iniziamo ad avere riprese cinematografiche, non molte e inoltre mute, per cui non sentiamo il fragore del campo di battaglia. Ma quelle che sono a disposizione mostrano risvolti agghiaccianti quali l’effetto dei gas, le mutilazioni, il triste fenomeno degli “scemi di guerra”; uomini impazziti nella “terra di nessuno” tra urla, spari, esplosioni mai udite. Le conseguenze, soprattutto il trattato di Versailles, proiettarono come tutti sanno, si spera, l’ombra nera del fascio e della croce uncinata sull’Europa. Della seconda guerra mondiale abbiamo moltissimo materiale desecretato o ritrovato negli archivi; la maggior parte di queste immagini all’epoca non furono viste. Città distrutte, colonne di profughi, mercato nero, le angoscianti sirene che precedono gli attacchi aerei erano all’ordine del giorno mentre i cinegiornali in Italia mostravano sfilate di moda, corse automobilistiche e curiosità.
Ciò che abbiamo potuto vedere noi invece di quella guerra è tremendo. I migliori registi di Hollywood vennero inquadrati nell’esercito USA per documentare e produrre filmati propagandistici. Nella guerra del Vietnam, tra il 1955 e il 1975, si passò a un livello successivo, i telecronisti americani iniziarono a seguire i militari nelle operazioni, a volte come “embedded” a volte no, e molte immagini orribili vennero trasmesse in tv. Ciò determinò una presa di coscienza da parte del pubblico. Nel 1991 durante la guerra del golfo le reti televisive attendevano le truppe statunitensi sul luogo dello sbarco: tutto orchestrato ma l’immagine notturna dei proiettili traccianti sopra Baghdad, la città delle mille e una notte, faceva ancora un certo effetto. Nel 1999 Belgrado in fiamme strappò più di qualche lacrima e anche dai Balcani arrivarono immagini raccapriccianti. In Medio Oriente i fondamentalisti ci abituarono a tutto pubblicando dai loro canali in rete una propaganda talmente feroce da inorridire. Ma giusto il tempo di un click. Il genocidio di cui le stesse vittime ci forniscono oggi tragica testimonianza interessa ormai solo la superficie di una società distratta e malata in cui tutto appare finto, come in un film, lontano nel tempo e nello spazio. Immobile, almeno finché quella stessa sorte non toccherà a noi.