"Le Palle Delprete"

Cento tornei vinti nel circuito Atp, Novak Djokovic entra definitivamente nella storia del tennis

100. Cento. Un numero enorme, una cifra impensabile e assurda, un sigillo infinito sulla sua storia – e sulla Storia del Tennis.
Un numero incredibile nell’accezione più alta e profonda: no, non sembra neanche credibile che un giocatore possa tagliare un simile traguardo.
Un numero ancora più aureo, se sommato a un altro: questo è il ventesimo anno consecutivo in cui Djokovic conquista almeno un titolo.

Generazioni e generazioni sono passate, in silenzio e col sorriso, diventando grandi mentre lui, semplicemente, rimaneva solo e soltanto – per fortuna e, negli ultimi anni, purtroppo – sempre uguale a se stesso.

Lui, ultimo crepuscolo di un’era irripetibile in cui Tre Cavalieri dell’Apocalisse discesero contemporaneamente sul campo per ridisegnare il mito con parabole dolci, fendenti lungolinea e volée che c’han fatto – Re Roger per primo, per primo e per sempre, armatura leggendaria di bellezza e rovescio come idea possente e lucente – vibrare cuore, gambe, occhi e anima.

Lui, che è ancora – volente o NOLEnte – presente, oggi ha chiuso quel cerchio per cui s’è dannato – affamato – per un’intera vita.

E sì, sapete bene che il vostro Scriba non ha mai amato questo personaggio. Non lo ha mai apprezzato, e per tanti tratti che non fan capo al gioco e al talento, non gli è mai davvero piaciuto.

Però qui, pacificamente, siamo al cospetto di un gran bel pezzo di Storia che si compie, proprio sotto i miei – i nostri – occhi.

E allora, voglio essere onesto: tutto il resto, ora, conta ben poco.
In questo sabato che è già fulgente d’azzurro grazie a Cobolli e al doppio Bolelli-Vavassori, che hanno issato – l’uno dopo gli altri – il vessillo d’italico tricolore sulla terra d’Amburgo conquistata, il resto conta niente. E lento, per oggi, si perde.

Nulla contano le pantomime – sempre uguali a una commediucola che non merita tale attore – di un Malato Immaginario che ha sempre valicato e validato ogni mezzo, pur di raggiunger fine.
Nulla conta il rancore serbato da quello che, più che un Don Chisciotte alterato contro immaginari e risibili mulini a vento, in Serbo Rancore s’è tramutato.
Nulla, nulla contan le mani a coppa alzate per fomentare amici e deridere avversari, come se per far sentire alla sua anima qualche grandezza servisse un apparecchio di realtà – e sportività – distorsore.
Conta nulla aver inseguito affannosamente questo traguardo, colto infine in un torneo minore e quasi risibile.

Conta nulla, tutto ben nulla.
Solo adesso. Solo ora.

Anche le parole e le manovre di disprezzo verso la nostra Scintilla d’Infinito Jannik, ora, trapassano le orecchie nostre e mie un po’ più leggere.

Perché credo che anche Jannik, adesso, in cuor suo, sarà contento per questo straordinario risultato da provare – sin da subito – a emulare e superare.
Perché il Tennis è sangue, passione, merda, solitudine d’intenti e vita – e allora chi supera per più lustri le sue stesse barriere, scendendo uno contro gli altri, faccia contro facce, comunque merita rispetto.

Perché nel Tennis, nello sport, bisogna saper dire “bravo” anche – e soprattutto – quando un po’ ti brucia dentro.

E perché – alla fin dei conti – il vostro umile Scriba non è, e non vorrà mai essere, come i troppi tarzanelli che di Nole si dicono tifosi.