Habitat

Cambiamento climatico, a salvare il Mediterraneo sarà il fico: l’Università di Pisa capofila del progetto

Il team del progetto

Siccità, inondazioni, piogge torrenziali. Gli effetti del cambiamento climatico sono ormai evidenti, e stanno distruggendo l’ecosistema Terra: fenomeni meteorologici estremi colpiscono costantemente la nostra vita quotidiana, che solo fino a ieri era regolata dall’alternarsi delle stagioni. Ma le stagioni, come si dice spesso, “non esistono più”: e a farne le spese, è, principalmente, l’agricoltura.

Dall’agricoltura all’uomo, il passo è infinitesimale. Gli effetti di grandine ad agosto, temperature primaverili a febbraio, neve ad aprile e tuffi in mare a dicembre, ricadono inesorabilmente sul comparto agroalimentare italiano, ovvero la base della nostra alimentazione: la dieta mediterranea.

Una dieta basata in larga parte su verdura, frutta, cereali, legumi. Tutti alimenti che hanno bisogno d’acqua e terreni fertili. Va da sé che la dilagante siccità, è il primo dei loro antagonisti. Ma a subire le principali conseguenze di questa catena, saremo noi. Anzi, lo siamo già.

“Noi cambiamo il Pianeta, ma il Pianeta cambia noi: stiamo compromettendo irrimediabilmente il benessere della natura e dei servizi fondamentali che l’ambiente regala alla nostra vita (dalla fertilità dei suoli all’assorbimento di gas serra) e, con essi, la salute dell’umanità” si legge nella campagna “Our Future” lanciata dal WWF in occasione dell’ultima Giornata mondiale dell’ambiente, il 5 giugno 2024.

A meno di un anno da questa data, tuttavia, la scienza ha fatto passi importanti. Una risposta all’emergenza è arrivata recentemente dai ricercatori dell’Università di Pisa, che studiano una delle colture più amate dal palato: a “salvare” il futuro dell’agroalimentare mediterraneo, potrebbe essere la pianta del fico.

Il fico, infatti, è molto più “fico” di quanto pensiamo, proprio per le sue capacità di rispondere positivamente ai cambiamenti climatici. Sa adattarsi a condizioni ambientali difficili e le sue radici penetrano in profondità, riducendo il fenomeno dell’erosione dei suoli. Oltre ad essere un alimento molto nutriente e ricco di vitamine, fibre e minerali. Tutte queste caratteristiche, lo rendono una risorsa preziosa in termini di sostenibilità e produttività.

Esattamente per questo è da anni sotto la lente del gruppo di ricerca in genomica vegetale del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell’ateneo pisano, capofila di un nuovo progetto europeo appena partito, “AGROFIG” (Fostering agroforestry benefits through fig tree cultivation in the Mediterranean), promosso da PRIMA (Partnership for research and innovation in the Mediterranean area) e finanziato per tre anni con oltre 850mila euro.

A coordinarlo è Tommaso Giordani, professore associato di genetica agraria: insieme al suo team, Giordani prosegue il percorso avviato con “FIGGEN”, un lavoro che negli ultimi anni ha collezionato varie pubblicazioni scientifiche. L’ultima solo lo scorso febbraio, su “The Plant Journal”, una delle riviste più prestigiose nel campo della biologia vegetale.

Il suo gruppo analizzerà la variabilità genetica delle tipologie italiane di fico: “Il nostro obiettivo – spiega Giordani – è usare tecniche genomiche per caratterizzare e selezionare le varietà migliori e rilanciare questa coltura arborea particolarmente resiliente e ricca dal punto di vista nutrizionale”.

Infatti, “Malgrado la coltura del fico sia antichissima e raccontata anche nella Bibbia e che l’Italia sia stato fino alla fine degli anni ’60 il maggior produttore mondiale, negli ultimi decenni la produzione si è ridotta notevolmente”.

“Utilizzare colture arboree resistenti alle condizioni ambientali avverse causate dai cambiamenti climatici è fondamentale. Il fico ha una grande capacità di adattarsi ad ambienti secchi, calcarei e salini, il che rende questa specie estremamente utile nella regione del Mediterraneo” conclude il professore.

Fanno parte del team del professor Giordani: Alberto Vangelisti, Andrea Cavallini, Marco Castellacci, Flavia Mascagni, Samuel Simoni, Lucia Natali, Gabriele Usai.

Il progetto AGROFIG coinvolge anche altri docenti del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali: Daniele Antichi della sezione di Agronomia, Monica Agnolucci della sezione di Microbiologia agraria, Gianluca Brunori della sezione di Economia Agraria. Gli altri partner del progetto sono sono il Centro di ricerca scientifica e tecnologica dell’Estremadura (CICYTEX) in Spagna, l’Univerità di Tunisi El Manar (UTM) in Tunisia, l’Università Aydın Adnan Menderes, (ADU) in Turchia, l’Azienda Agricola dimostrativa “I giardini di Pomona”, (AAP) Brindisi, Italia.