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“And just like that” terza stagione, dinamiche irreali e fastidiose, pura autocelebrazione

Alcuni prodotti sono semplicemente pessimi. Non importa da che prospettiva li si guardi, quanto affetto si provi per essi o quanto gli attori coinvolti abbiano un posto speciale nel nostro cuore. Ci puoi provare in ogni modo a giustificarli ma rimarranno immondizia. Chi scrive ha tentato spesso e volentieri a redimere prodotti a lui cari, come ad esempio Cobra Kai, serie Netflix sequel di Karate Kid che nel finale ha risentito di una scrittura talmente pessima da sembrare intelligenza artificiale. Ci ho provato in tutti i modi a trovare del bello nell’ultima stagione prima di gettare la spugna a metà, lo stesso si applica ad un altro guilty pleasure canadese dal titolo Trailer Park Boys o i Simpson successivi alla stagione 11.
Alle volte è necessario gettare la spugna anche se si tratta di un revival di una delle migliori serie della storia della televisione, una serie che ha dettato mode, ha descritto in maniera frizzante e provocatoria il mondo delle relazioni e del sesso e ha dettato legge in campo di moda. Parliamo di Sex and the City, una serie basata sulla rubrica (e libro) di Candace Bushnell con un cast che vanta Sarah Jessica Parker e Cynthia Nixon. Dopo sei stagioni e due film la serie sembrava conclusa ma per il giubilo dei fan la serie ha avuto un revival.

And Just Like That (come la frase celebre a conclusione di ogni episodio di Sex And The City) riprende le vicende delle 3 protagoniste nel loro ingresso nella terza età e nuove problematiche del mondo contemporaneo. Tre, non quattro, perché Kim Cattral a seguito di attriti non ben definiti con la Parker è stata esclusa dal progetto. Il suo personaggio si trova a Londra e viene a malapena nominato durante la prima stagione per poi svanire nel nulla. È questa la prima mancanza grave, il personaggio di Samantha, che fra tutti ha avuto il miglior arco narrativo della serie originale, sembra essere scomparso nel nulla, al suo posto due new Entry multiculturali, la regista afroamericana Lisa Todd Wexley e l’immobiliare indiana Seema Patel. La mancanza della Cattral è talmente forte da dover splittare il suo personaggio in due entità separate che quasi sempre non interagiscono fra di loro. Una nota positiva viene peró fin da subito dal portare Miranda, il personaggio di Cynthia Nixon, da eterosessuale a omosessuale in armonia con l’orientamento dell’attrice ma è l’unica vera nota di merito . La prima stagione mantiene una forma di coerenza narrativa ma in seguito ogni episodio oscilla fra il conservatorismo di alta borghesia (lontano dalla provocazione di Sex and The city ) e un patinato progressismo che andrebbe anche bene se non fosse che ogni conflitto ogni problema che riguardi identità di genere o sessualità viene risolto con un sorriso ed un’alzata di spalle. Per fare un esempio abbiamo una delle due figlie di Charlotte che si scopre essere Gender fluid, chiede di essere chiamata con un nome maschile, nessuno batte ciglio, non vi è nessun conflitto, anzi ad un paio di episodi, Rock viene notat* da un fotografo di un noto marchio di moda giovanile e la sua identità di genere gli frutta un servizio fotografico di grido. Niente di sbagliato se non fosse che è una narrazione fiabesca, priva di conflitto, di lotta per essere accettati rispetto a come ci si sente ed è questo il problema principale di And Just Like That: qualsiasi problematica che viene portata sullo schermo a differenza della serie originale, non si risolve attraverso dinamiche reali ma con un fiabesco leitmotiv di positività estrema “à là Pollyanna”.

Un inclusività fittizia che non mostra affatto i problemi che una persona non binaria, una coppia che non può avere figli, un marito impotente, o una donna che decide di cambiare carriera a 50 anni suonati affronta nella vita reale. Tutto in And Just Like that, si risolve con un colpo di spugna. È talmente distante dalla vita reale da risultare odiosamente fastidioso, sia che si vede solo una società di super ricchi che viene spacciata per persone normali, sia che i tentativi di inclusivita e progressismo risultano biecamente forzati, a fronte anche dell’esclusione di personaggi, piacciano o meno, cancellati da una stagione all’altra senza alcuna soluzione di continuità.
Che Diaz , interpretata da Sara Ramirez, scompare dalla seconda alla terza stagione senza alcun motivo apparente. La ragione dietro le quinte sono dichiarazioni pro Palestina e forti attriti con Sarah Jessica Parker, lo stesso si può dire per altri personaggi secondari, con l’eccezione di Stanford Blatch che purtroppo verrà eliminato per la morte dell’attore Willie Garson, ma anche qui non viene data una morte a Stanford, una decorosa fine e un periodo di lutto al marito Anthony, tutt’altro : Stanford seguirà un influencer in Giappone , non è morto è solo andato via, portando alla rottura con Anthony che tornerà ad essere macchietta stereotipata di un omosessuale newyorkese. Un insabbiamento simile nemmeno ai tempi della CIA. Tutto è così dannatamente perfetto da far sembrare Cuori senza Età un documentario, totalmente l’opposto di Sex And The City dove l’imperfezione e il vivere con allegria anche a fronte di drammi di ogni tipo era ciò che l’ha resa una serie unica.

Aggiungiamoci molto, troppo product placement e un umorismo stantio unito ad una inevoluzione carratteriale dei personaggi, un pizzico di normalizzazione degli psicofarmaci dati senza criterio agli adolescenti unito ad un parenting totalmente permissivo e irreale e abbiamo And Just Like That, una mondezza. Un vero e proprio prodotto che non ha senso di esistere su cui avevo riposto tante speranze e dopo una seconda stagione mediocre, dall’inizio della terza stagione ho cercato in tutti i modi di giustificare il suo valore cercando di trovarne del buono. Ma a fronte di quattro episodi di buono non c’è nulla, solo una bieca auto celebrazione della vita dell’alta borghesia Newyorkese che vuol far sapere al mondo di essere migliore e più progressista di tutti noi. Non esistono problemi a New York, né omofobia, né figli disfunzionali né coppie in crisi. Va tutto a meraviglia, e se qualcosa non va, la spazziamo sotto il tappeto, diciamo che è all’estero e troviamo altri personaggi a coprire il vuoto.
Sex and the city è tutt’ora attuale perché rispecchia qualcosa in ognuno di noi, And just like that è diametralmente opposta mostrandoci una realtà utopica in cui nessuno di noi riesce a specchiarsi.
Un vero peccato.