“Non basta impedire allo studente esonerato di non fare attività fisica, va impegnato in attività alternative”
La sentenza del Tribunale di Bologna fissa nuovi parametri sui doveri che ha la scuola di vigiliare sugli studenti. Non basta aver negato allo studente esonerato di partecipare alla lezione di educazione fisica per essere esenti da responsabilità, l’insegnante e quindi la scuola avrebbero dovuto affidare il ragazzo a un collaboratore scolastico o trovargli un’attività alternativa per tenerlo impegnato. Averlo lasciato assistere a quello che facevano i compagni ha contribuito a far scattare in lui la voglia di partecipare: il ragazzo è finito poi in ospedale e ora la scuola dovrà pagare i danni. Il Tribunale di Bologna ha ritenuto responsabile al 50% l’istituto comprensivo Rolandino de’ Passeggeri per l’infortunio accaduto ad un ragazzo di 13 anni nel 2020, e nella sentenza pubblicata nei giorni scorsi si è riservato solo di decidere con apposita ordinanza in merito al quantum da risarcire alla famiglia dello studente che nel frattempo è divenuto maggiorenne. Il legale della famiglia del ragazzo, l’avvocato Alessandro Lovato, aveva richiesto circa 15 mila euro di risarcimento danni. Lo studente che all’epoca frequentava la terza media, nel mese di novembre del 2020 era andato al parco pubblico di Bologna “Giardini Margherita” per la lezione di educazione fisica, insieme alla sua insegnante e a tutti i compagni di classe. Ma pochi giorni prima si era tolto il gesso dal braccio destro per un infortunio casalingo ed era quindi esonerato dalle attività fisiche. I suoi compagni iniziano a giocare e l’insegnante gli nega la possibilità di partecipare ma, stando al resoconto processuale, lo lascia lì, a guardare gli amici senza assegnarli altri compiti e senza affidarlo ad un collaboratore scolastico. A quel punto approfittando di un attimo di distrazione della sua insegnante, il 13enne inizia a giocare con gli altri compagni, ma cade e si rompe di nuovo il braccio destro, guarito da poco tempo. Lo studente finisce in ospedale dove gli diagnosticano una frattura biossea dell’avambraccio, con applicazione del gesso e ben 35 giorni di prognosi. Ne viene fuori un contenzioso giudiziario tra i familiari e l’istituto, rappresentato in giudizio dall’avvocatura dello Stato. Nei giorni scorsi il giudice Carolina Gentili del Tribunale civile di Bologna ha pubblicato la sentenza di primo grado riconoscendo responsabile la scuola per l’accaduto al 50%. Per i giudici bolognesi: “ciò che fa sorgere la responsabilità dell’istituto, è il fatto di non aver predisposto e attuato tutte le misure necessarie, in senso anche probabilistico, a impedire l’evento”. La circostanza a cui si fa riferimento è in particolare l’assenza di un collaboratore scolastico durante la verificazione dell’evento, cui affidare l’allievo “anche solo in occasione del momento in cui la docente svolgeva attività che le impedivano un controllo visivo”.
Il ragazzo che all’epoca aveva quasi tredici anni, era ovviamente consapevole del divieto di svolgere attività motoria impartitogli dall’insegnante, secondo i giudici, ma si trovava insieme ai compagni, che compivano esercizi stretching, anziché di fianco alla docente o al collaboratore scolastico che non era nemmeno presente. E inoltre la docente “non si è premurata di trovargli un’attività educativa che non fosse il semplice osservare quella dei compagni, pur conoscendone l’irrequietezza. Ciò le avrebbe imposto, secondo il Tribunale, di affidare l’alunno al collaboratore scolastico, “mentre era intenta a preparare la prova di freesby per i suoi studendi”, ed era quindi distratta. Per tutte queste motivazioni la scuola ora dovrà pagare i danni al ragazzo.
Vin. Bru.