L’editoriale

Per il momento Vladimir Putin ha vinto su tutta la linea, in attesa del vertice tra Trump, Zelensky e l’Ue

Putin, accolto con un tappeto rosso sangue, non quello di Bucha, quello della vittoria: sì, Putin ha già vinto. Ad Anchorage, in Alaska, Donald Trump ha accolto Vladimir Putin con tutti gli onori che spettano a un Capo di Stato. Un tappeto rosso sangue, non quello di Bucha, sorrisi, strette di mano. L’immagine è potente: il leader del Cremlino, accusato di crimini di guerra, trattato come un pari sul suolo americano. Per molti osservatori, questo basta già a segnare un punto a favore di Mosca. Il summit, durato quasi tre ore, avrebbe dovuto portare a passi concreti verso la pace in Ucraina. Ma di sostanza non ce n’è stata. Trump lo ha definito “produttivo”, salvo ammettere che sui nodi cruciali “non ci siamo arrivati”. Nessun cessate il fuoco, nessun accordo. Solo richieste unilaterali da parte russa: riconoscimento della Crimea, blocco all’ingresso dell’Ucraina nella NATO, privilegi per la lingua russa e per la Chiesa ortodossa legata a Mosca. In cambio, un ritiro parziale e selettivo delle truppe. Non una pace, ma un diktat.

Eppure l’immagine conta, a volte più dei documenti firmati. Putin, dopo tre anni di guerra, ha ottenuto di nuovo un palco internazionale. Ha incassato la stretta di mano di un presidente americano, davanti alle telecamere di tutto il mondo. Per Kiev è uno smacco, per gli ucraini che resistono una ferita simbolica.
Le reazioni non si sono fatte attendere. Ex campioni sportivi, intellettuali, giornalisti hanno parlato di “applausi a un criminale di guerra”. In Europa cresce la paura che l’Occidente stia cedendo terreno sul piano morale prima ancora che su quello politico. Il paradosso è che tutto questo avviene mentre le bombe continuano a cadere su Kharkiv, Odessa, Zaporizhzhya. Mentre famiglie intere vengono sradicate dalla loro terra. Mentre un popolo combatte non solo per la propria libertà, ma per il principio stesso che i confini non si ridisegnano con la forza. Trump, stasera 18 agosto, incontrerà Volodymyr Zelensky e i leader europei. Sarà il momento della verità: se la diplomazia saprà finalmente guardare in faccia l’aggressione russa, o se ci limiteremo a rincorrere immagini e strette di mano. Perché, al netto dei proclami, il messaggio che arriva dall’Alaska resta inquietante: Putin non è isolato. Non è sconfitto. E, sul piano simbolico, sì, Putin ha già vinto.