Il Tribunale di Torino condanna il Viminale: “Gestione illecita e discriminatoria richeste di asilo migranti”
Migranti, condannato il Viminale per le code ai permessi di soggiorno. Sentenza storica a Torino: prassi discriminatorie e obbligo di cambiare modello organizzativo. Il Tribunale di Torino ha inflitto una condanna senza precedenti al Ministero dell’Interno per le modalità con cui la Questura ha gestito l’accesso dei migranti agli uffici per la richiesta di protezione internazionale. Secondo il giudice Andrea Natale, le lunghe attese all’aperto, l’assenza di prenotazioni e criteri di selezione opachi hanno prodotto “condizioni mortificanti” e “effetti discriminatori” per i richiedenti asilo.
La decisione arriva al termine di una class action avviata da 18 stranieri, assistiti dall’Asgi (Associazione studi giuridici sull’immigrazione). È la prima volta in Italia che un’azione collettiva antidiscriminatoria ottiene una condanna nel merito in materia di diritti dei migranti. Il caso è esploso a Torino tra il 2023 e il 2024, quando decine di persone, anche famiglie con bambini, si accampavano per giorni davanti alla sede di corso Verona per ottenere un appuntamento. La chiusura parziale degli uffici e lo spostamento degli sportelli non hanno eliminato il problema: in via Dorè, in pieno centro, si continuava a formare una fila che all’alba contava decine di persone, molte delle quali tornavano a mani vuote. L’assenza di un permesso comporta la perdita del diritto all’accoglienza, alla sanità e al lavoro, con il rischio di finire in un Cpr o di essere espulsi.
Il giudice ha riconosciuto l’illegittimità della prassi, che “ostacola e ritarda l’esercizio dei diritti” garantiti da leggi italiane e norme Ue. Ha inoltre accertato il carattere discriminatorio delle modalità adottate, sottolineando che i criteri di ingresso agli sportelli non venivano comunicati e che la selezione poteva favorire alcune nazionalità a scapito di altre. La Questura di Torino dovrà ora adottare il “modello Milano”, con prenotazioni tramite piattaforma informatica e il supporto di enti del terzo settore, distinguendo tra chi possiede documenti e chi no. Per l’Asgi, si tratta di “un tassello fondamentale contro prassi illegittime diffuse in molte città italiane” e di un precedente che potrebbe aprire la strada ad altre azioni simili.