La tragedia nella tragedia. Stefano Argentino, il ragazzo di 22 anni accusato di aver ucciso Sara Campanella, si è suicidato nella sua cella del carcere di Gazzi, a Messina, nel pomeriggio di martedì 6 agosto 2025. Era in attesa di processo per femminicidio. Stefano si è impiccato. A trovarlo senza vita, intorno alle 17 di ieri 6 agosto, sono stati gli agenti penitenziari. Inutili i tentativi di rianimarlo. Aveva già manifestato, sin dall’inizio, pensieri suicidi, tanto da essere stato messo in isolamento sotto osservazione per un lungo periodo. Ma recentemente sembrava più stabile: era tornato a stare con gli altri detenuti, aveva ripreso a mangiare e a parlare. Nessuno si aspettava che potesse togliersi la vita, eppure, lo ha fatto. È stato un’atto improvviso, agli occhi esterni.
Stefano era stato arrestato lo scorso 31 marzo, poche ore dopo aver accoltellato Sara in strada, vicino casa sua. Lei, secondo quanto raccontato da amici e parenti, lo aveva rifiutato più volte, ma lui non si era mai arreso. Continuava a seguirla, a scriverle e ad essere ossessionato da lei. In uno dei messaggi che le aveva inviato poco prima del delitto c’era scritto: “Sognami, sarò il tuo incubo peggiore”. Dopo l’arresto aveva confessato quasi subito, e il suo processo sarebbe iniziato a settembre. E proprio ora, nascono domande che non avranno risposta. Stefano si è tolto la vita per senso di colpa? Perché non reggeva il peso della coscienza di aver tolto la vita a una ragazza innocente?
Oppure non ce la faceva a sopportare la prigione, il giudizio, l’isolamento, la vergogna? O davvero era un ragazzo profondamente disturbato, come aveva provato a sostenere il suo avvocato, che chiese, senza successo, una perizia psichiatrica? La famiglia di Sara è distrutta. Aveva sperato nella giustizia, in un processo che potesse almeno dare un perché alla tragedia. Invece si trova con un’altra morte da affrontare. Con ancora più domande e sempre meno risposte.
Stefano Argentino ha segnato per sempre il destino di due famiglie.
“È il triste, drammatico epilogo di una storia di cui si supponeva già il finale. Sara è stata uccisa, Stefano si è tolto la vita e l’unica responsabilità è da attribuire allo Stato”. A dirlo è l’avvocato Stefano Cultrera, legale del 27enne suicida in carcere a Messina dove era detenuto per il femminicidio di Sara Campanella. “Auspico che le due famiglie, accomunate da un immane dolore di un destino avverso possano trovare la pace terrena in un abbraccio silenzioso di dolore, antefatto ed epilogo di un qualcosa che non sarebbe mai dovuto succedere e che avrebbe potuto essere evitato”, aggiunge.
Famiglia Campanella: “Il gesto non ferma la nostra battaglia” “Con la sua morte, Stefano Argentino ha interrotto bruscamente il percorso giudiziario che avrebbe accertato le sue responsabilità per il femminicidio di Sara Campanella: il gesto lascia spazio solo alla pietà, ma non ferma tuttavia la nostra battaglia. Continueremo a lottare, nella memoria di Sara, per far sì che la sua storia non venga dimenticata”, affermano gli avvocati Cettina La Torre, Filippo Barbera e Riccardo Meandro, legali della famiglia di Sara Campanella. “Il suo sacrificio deve restare un monito per la società, un’occasione per riflettere sulla piaga della violenza sulle donne. È in nome di Sara e di tutte le vittime di femminicidio che chiediamo un impegno sempre maggiore e concreto per prevenire e contrastare questa barbarie”, dicono. “È l’epilogo terribile di una storia terribile. Ha deciso lui le sorti di due famiglie. Per noi è un colpo molto doloroso. Non possiamo che essere addolorati in questo momento. Non ci sono parole per descrive i sentimenti che stanno provando i familiari di Sara”, afferma l’avvocato La Torre.