Fine vita, la corte Costituzionale dice no a una donna che non può auto somministrarsi il farmaco letale
Una donna non è più in grado di auto somministrarsi il farmaco per il fine vita, e per la Consulta non può farlo qualcun altro al suo posto. Sentenza che farà discutere a lungo, vista la materia così divisiva. La Corte Costituzionale dice di no all’eutanasia e lo fa con una sentenza dedicata al caso di Libera, una 55enne toscana, malata di sclerosi multipla. La donna, affiancata dall’associazione Luca Coscioni e dal dottor Paolo Malacarne, nei mesi scorsi aveva fatto richiesta all’Asl Toscana Nord Ovest per accedere al suicidio. Ma quando dopo una lunga battaglia, la risposta dell’azienda sanitaria è stata finalmente positiva, lei non era più in grado di iniettarsi il farmaco, perché ormai immobilizzata. E aveva quindi chiesto la possibilità di farselo somministrare da un medico.
Ma la Consulta, chiamata in causa dal Tribunale di Firenze in cui pendeva la vicenda, ha detto di no e ha dichiarato inammissibile l’intervento attivo di un’altra persona nella somministrazione del farmaco in caso di fine vita. Sancendo così che dopo il via libera nel 2019 al suicidio assistito, non ci sarà un’ulteriore apertura all’eutanasia.
Libera era stata protagonista di una lunga e complicata battaglia. Perché la sua prima richiesta di suicidio assistito era stata negata nel 2024, perché le sarebbe mancato il requisito di dipendere da una terapia vitale. Ma un anno fa la Consulta, nel tornare sulla vicenda, aveva fatto delle precisazioni, che per la donna toscana avevano riaperto uno spiraglio. Quindi la seconda domanda, stavolta accolta. Ma senza farmaci ospedalieri a disposizione, Libera non aveva potuto ricorrere al suicidio assistito.
Dopo la legge regionale sul fine vita, dello scorso febbraio, quei farmaci sono però diventati un diritto. Libera ha fatto domanda per la terza volta, ha ottenuto di nuovo un sì, ma ormai non era più capace di somministrarsi il farmaco. E quando ha chiesto all’Asl Nord Ovest uno strumento per avviare l’iniezione tramite comando vocale, l’azienda sanitaria le ha dovuto rispondere di non avere tale strumento a disposizione. Così, Libera resterà costretta a letto, immobile, con dolori insopportabili, finché la sclerosi multipla non la porterà via con sé.
Con questa sentenza, la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 579 del codice penale sollevate dal Tribunale di Firenze riguardo il reato di omicidio del consenziente.
Le questioni sono state dichiarate inammissibili perché – per la Corte – «il giudice a quo non ha motivato in maniera né adeguata, né conclusiva, in merito alla reperibilità di un dispositivo di auto-somministrazione farmacologica azionabile dal paziente che abbia perso l’uso degli arti», ossia una pompa infusionale attivabile con comando vocale o tramite la bocca o gli occhi.
La Consulta ha rilevato che «l’ordinanza di rimessione si è espressa sul punto con esclusivo richiamo all’interlocuzione intercorsa con l’azienda sanitaria locale» essendosi il giudice a quo fermato a una «presa d’atto delle semplici ricerche di mercato di una struttura operativa del Servizio sanitario regionale», mentre avrebbe dovuto coinvolgere «organismi specializzati operanti, col necessario grado di autorevolezza, a livello centrale, come, quanto meno, l’Istituto superiore di sanità, organo tecnico-scientifico del Servizio sanitario nazionale».
La sentenza precisa che dove questi «dispositivi potessero essere reperiti in tempi ragionevolmente correlati allo stato di sofferenza della paziente» la donna «avrebbe diritto ad avvalersene».
(Fonte Corriere Fiorentino)