Cronaca

Lotta ai clan, tre blitz antimafia in sole 72 ore a Catania, Agrigento e Reggio Calabria

La settimana di ferro dello Stato contro le organizzazioni criminali. Tre operazioni delle forze dell’ordine in 72 ore. Decine di arresti, tonnellate di droga sequestrate, armi da guerra, intimidazioni mafiose documentate, reti di comando scoperchiate e perfino 280 chili di carne senza tracciabilità tra i banchi delle macellerie. L’Italia ha vissuto una settimana di fuoco, in cui la risposta dello Stato ai clan mafiosi è stata netta, dura, intransigente. Ad Agrigento colpita al cuore la Cosa Nostra agrigentina. Alle prime luci dell’alba del 10 luglio, 13 persone sono finite in stato di fermo con l’accusa di associazione mafiosa e traffico di stupefacenti. Un’operazione chirurgica messa in campo dai Carabinieri del Comando Provinciale di Agrigento, con l’appoggio dei Cacciatori di Sicilia e delle unità cinofile. Cinque dei fermati erano già in carcere. L’indagine, coordinata dalla Dda di Palermo, ha svelato l’esistenza di un’organizzazione ancora radicata, potente, armata. La droga – cocaina e hashish – era il business principale, ma non mancavano estorsioni, intimidazioni, colpi d’arma da fuoco, incendi. Il clan, guidato dai pregiudicati Pietro Capraro e Fabrizio Messina, operava tra Agrigento, Villaseta e Porto Empedocle. Al vertice, l’ascesa inquietante di James Burgio, detenuto ma perfettamente operativo grazie a un telefono cellulare usato dal carcere di Augusta. Ordini impartiti dall’interno, comunicazioni con l’esterno, affari gestiti con lucidità e potere. Tra i tanti episodi emersi: raffiche di kalashnikov contro una rivendita di frutta e verdura ad Agrigento, auto incendiate a Porto Empedocle per vendette o imposizione del pizzo, minacce a imprenditori e debitori. Durante una delle operazioni è stato arrestato in flagranza Cristian Terrana, con mezzo chilo di cocaina e quasi 5.000 euro in contanti. La mappa del terrore veniva aggiornata col sangue, la paura, il piombo. E oggi è stata in parte smantellata.

A Catania il clan Nizza colpito da 38 misure cautelari. Sempre il 10 luglio, stavolta a Catania, un’altra rete mafiosa è stata travolta da un’azione imponente: 150 carabinieri, 9 province coinvolte, 38 provvedimenti restrittivi. Nel mirino il gruppo Nizza, costola della potente famiglia Santapaola-Ercolano. A capo, Giovanni Nizza, già detenuto ma capace di gestire traffico di droga, piazze di spaccio, affari e comunicazioni tramite la moglie Maria Rosaria Nicolosi. Le indagini, iniziate nel 2020, hanno documentato come il clan fosse riuscito a riorganizzarsi nonostante arresti, collaboratori di giustizia e sequestri. Giovani “figli d’arte” come Natalino Nizza e Sam Privitera avevano raccolto il testimone dei padri, muovendosi tra estorsioni, omicidi interni e guerre per il controllo del territorio. Un arsenale da conflitto: mitra, silenziatori, pipe bomb, lanciagranate, giubbotti antiproiettile. Il clan operava militarmente nei quartieri di Librino, San Cristoforo e San Giovanni Galermo, con un dominio assoluto sullo spaccio e un sistema di “mantenimento” per le famiglie dei detenuti. Simboli, potere e messaggi. Anche durante la festa di Sant’Agata, quando il nome “Banana” – soprannome del boss – compariva tra le candelore votive. Una mafia che si mostra, si impone, ma oggi riceve un colpo pesante.

A Reggio Calabria, ritrovata carne senza tracciabilità, 280 chili sequestrati. Mentre le mafie cercavano di imporre il terrore, a sud si combatteva anche un’altra guerra: quella contro il controllo illecito del commercio. Ad Africo e Brancaleone, i Carabinieri del NAS e delle stazioni locali hanno sequestrato 280 chili di carne e derivati senza alcuna tracciabilità. Macellerie con carenze igienico-sanitarie, violazioni delle norme, prodotti potenzialmente pericolosi per la salute pubblica. Uno dei titolari, già noto alle forze dell’ordine, è stato sanzionato duramente. In un territorio dove le infiltrazioni criminali nell’economia sono silenziose ma invasive, il controllo sulla sicurezza alimentare diventa un fronte di legalità. Una settimana intensa, una dimostrazione che quando lo Stato agisce in modo coordinato e determinato, la criminalità può essere colpita duramente. L’Arma dei Carabinieri, la Direzione Distrettuale Antimafia, le procure, gli uomini sul campo: tutti hanno dato un segnale chiaro. La criminalità organizzata è ancora forte, ma lo Stato è pronto a colpirla. Ovunque si nasconda. Si spera senza guardare in faccia a nessuno.