Ammazza la compagna e poi si toglie la vita, ancora un femminicidio e con suicidio finale, una tragedia senza fine
Una lite, poi l’omicidio. Susy è stata sgozzata nella mansarda di casa sua. Le urla si sono sentite alle 8.30 di ieri 27 giugno. Nessuno ha chiamato i carabinieri. Poi silenzio. Due ore dopo, Rosa trova Susy distesa in una pozza di sangue, a terra, tra la camera e il bagno. Inutile urlare il suo nome. Susy era morta. Ammazzata a coltellate dal compagno, Alessandro Raneri, 55 anni. Dopo averla sgozzata, Raneri è salito in auto, ha guidato fino al lago di Avigliana, in Piemonte, e si è buttato. Susy Carbone aveva 54 anni. Era conosciuta in paese, vendeva pasta fresca al mercato con suo figlio. Aveva accolto Alessandro in casa sette anni fa, dopo essersi messa con lui. Lui era depresso da anni, da dopo il Covid. Aveva smesso le cure, poi da poco aveva ricominciato: medicine, un lavoro trovato da due settimane, una vacanza in vista. La sera prima era perfino uscito con un amico. Sembrava un segnale buono. Ma dodici ore dopo ha ucciso.
La casa è una villetta a schiera come tante, in una stradina sterrata alla periferia di Rivalta. Nella mansarda di quella casa Susy è stata massacrata. Una decina di coltellate, forse di più. Nessuno ha sentito abbastanza da intervenire. Nessuno ha fermato Alessandro. La mattina, Rosa e Susy dovevano uscire per comprare gli accessori del vestito da cerimonia: la nipote di Susy si sposa domenica. Lei era felice, rideva. Ma alle 10 non si presenta. Rosa si insospettisce, va a casa sua, apre con le chiavi. E trova il corpo.
Nel frattempo, ad Avigliana, un passante vede un uomo buttarsi nel lago. È Raneri. La sua auto è parcheggiata vicino. I carabinieri trovano il telefono, lo collegano a Susy. Poi la chiamano. Lei non risponde. Scatta la corsa a Rivalta. Ma è già tardi. I vicini confermano: hanno sentito litigare. Ma non hanno fatto niente. Come spesso accade. Intanto, il figlio di Susy, 27 anni, è sotto choc. Viveva con lei, lavorava con lei. «Era tutta la sua vita», dice chi li conosceva.
Rosa resta ore davanti alla casa. «Non voglio lasciarla sola», dice, mentre fissa la porta. Quando portano fuori la barella, la tocca. Un ultimo saluto. Poi il vuoto.