Meloni al vertice Nato: “Se siamo uniti sulla difesa non ci può essere competizione sui dazi”
Giorgia Meloni al vertice Nato parla di riarmo e allineamento ai diktat trumpiani e gioca la carta “siamo amici, volemose bene” anche sui dazi. Cita la Thatcher, ma lo aveva già fatto in Parlamento, per ricordare un adagio della Lady di Ferro che è passato alla storia. «Il nostro stile di vita e i nostri valori non saranno assicurati da quanto siano giuste le nostre cause, ma da quanto è forte la nostra difesa». Ora quelle parole Giorgia Meloni le ripete davanti ai suoi colleghi, a porte chiuse, nel corso del suo intervento durante il vertice della Nato. Cita anche Aristotele, ma soprattutto, a un certo punto, gira gli occhi e si rivolge direttamente al presidente degli Stati Uniti.
Tutti i presenti si girano immediatamente verso la nostra premier, rivolgersi a Donald in queste ore non è sempre una passeggiata, certe volte è un rischio, e tutti stanno ancora tirando un sospiro di sollievo perché il presidente Usa non ha fatto pazzie: non li ha mollati nel mezzo dei lavori, come al G7, è stato paziente e ha sottoscritto il documento che è un grande e storico passo avanti, ha minacciato ma poi confermato la validità della reciproca assistenza, il famoso articolo 5 del Trattato.
Ma quando la premier ha quasi finito il suo discorso, quel «Donald» che pronuncia, fra due pause, per illustrare il quarto punto chiave del suo intervento, mette un brivido anche a molti capi di Stato e di governo: il quarto punto è che «non può esserci una competizione fra alleati se dobbiamo raggiungere insieme tutti questi obiettivi, il target del 5% delle spese di difesa insieme alla creazione di un’area di free trade fra le due sponde dell’Atlantico sono due facce della stessa medaglia». Anche sui dazi si può fare qualcosa in più di quanto finora immaginato.
Trump guarda Giorgia e annuisce. Per fortuna. La premier dice che in cambio, insieme a tutto questo, ovviamente l’Europa dovrà fare la sua parte «per costruire un reale e forte pilastro alternativo della Nato, con ambiziosi e innovativi strumenti finanziari». La postura di Donald qui si rilassa ulteriormente. In fin dei conti stanno tutti parlando del fatto che fra qualche anno gli Stati Uniti risparmieranno parecchi miliardi in armi convenzionali schierate in Europa.
Certo, che sia toccato alla premier mettere il sigillo su una giornata storica, con un accordo difficile che ha tenuto, non è forse casuale, come la sera prima quella sedia scelta dai reali d’Olanda accanto a quella dell’inquilino della Casa Bianca, una vicinanza che ha favorito un lungo scambio proprio fra Trump e Meloni, un confronto in cui si è discusso anche il tema di Gaza, e il pressing dell’Italia su Washington perché siano più assertivi con gli israeliani, ma anche quello del fronte del Sud della Nato: «È un errore continuare a discutere di come difendere il fianco orientale della Nato dalla minaccia della Russia se questa si sposta anche sino alla Libia e verso quella zona del Mediterraneo cui la Nato deve guardare di più», aggiunge la premier rivolta agli altri leader.
Ma il discorso ha anche un preambolo rivolto a tutti, nessuno escluso: «Non esistono più quadranti separati in geopolitica, non possiamo discutere di Russia senza parlare di Cina, e non possiamo parlare di Indo-pacifico senza riconoscere che mentre eravamo distratti la Cina è penetrata in profondità in Africa e Sud America». E qui Meloni cita Aristotele, e quell’adagio che amava riprendere Descartes, quel motto latino secondo cui «Natura abhorret a vacuo», ovvero che di solito il vuoto non ottiene alcuna tolleranza in natura, viene immediatamente occupato. In sintesi, anche per i motivi appena illustrati: «Nessuno di noi a questo punto della storia può affrontare alcune sfide da solo e per tutti noi la sfida primaria è quella di una difesa condivisa». Alcuni dettagli di peso di questo obiettivo collettivo andranno però ripensati: «I dati, e la loro sicurezza, potrebbero essere più letali dei proiettili, e i satelliti più efficaci dei carri armati». La riflessione è in corso, in sede Nato e dei singoli governi.
(Fonte Corriere della Sera)