Polvere di stelle

Ci sono speranze di vedere la terza stagione di “Mindhunter”, la serie tv gioiello di David Fincher su Netflix

Era il 2017 quando la prima stagione di Mindhunter fece il suo debutto sulla piattaforma Netflix. All’epoca il concetto di piattaforma di streaming era ancora in fase embrionale, rappresentava l’alternativa ad un palinstesto televisivo spento dove, con poche eccezioni di spicco, si rincorreva il rischio minimo cercando di spremere i pochi franchise storici fino all’osso. Prodotti come The Crown, Bojack Horseman e Stranger Things portarono una ventata di novità e qualità nel panorama dell’intrattenimento video permettendo all’utente di scegliere secondo i suoi orari ed i suoi gusti personali il prodotto più adatto alle sue esigenze. In questo contesto David Fincher, basandosi su un soggetto di Joe Penhall collaboró alla produzione di un prodotto di altissima qualità: Mindhunter.
Mindhunter racconta con uno stile cupo ed asciutto la storia degli albori del profiling, ovvero quella branca della scienza comportamentale dove un investigatore attraverso la psicologia, l’analisi e l’osservazione può ricostruire la psiche che c’è dietro ad un delitto all’apparenza senza movente e conseguentemente creare un profilo psicologico che può contribuire alla cattura di pericolosi criminali, nello specifico assassini seriali. Tutto questo fu possibile intervistando assassini seriali in cattività, bestie come Ed Kemper, il figlio di Sam David Bercowitz, Jerry Brudos, Richard Speck e Charlie Manson furono convinti a dare il loro contributo per creare un sistema che anni dopo permetterà la cattura di killer feroci come ad esempio BTK. Un lavoro per stomaci forti, che si insinua come un ladro d’appartamento nelle vite dei protagonisti, sconvolgendo il loro modo di percepire la realtà e la quotidianità, portandoli ad interrogarci costantemente quale sia la linea fra atteggiamento consentito ed atteggiamento deviante.

Non c’è Voyeurismo o violenza grafica in Mindhunter, la parte sconvolgente viene dai dialoghi, dalla messa in scena di veri mostri in gabbia, così straordinariamente simili alle loro controparti nella vita reale da essere genuinamente disturbanti (uno su tutti Ed Kemper, già riproposto, con nome differente nel manga Monster di Naoki Urasawa). E sullo sfondo un assassino in libertà, l’ultimo che verrà catturato. BTK, il più malato, un individuo che trae ispirazione dagli assassini precedenti e già fonte d’ispirazione per il Francis Dolarhyde di Thomas Harris.

Una serie, Mindhunter che ha riscosso favore di critica e pubblico, divenendo una delle più amate e seguite in tutto il mondo per due stagioni che rasentano alla perfezione. Non c’è di meglio da vedere per chi ama il genere crime.
Eppure Netflix dopo due stagioni decise di cancellarla.
Nessuna terza stagione in vista, la prima scusa portata dalla piattaforma fu che i costi per una serie simile erano troppo alti per un prodotto così di nicchia (non veritiero visto che il genere delle docufiction crime è quello più visto su Netflix) e in seguito ci fu l’annuncio che Netflix voleva concentrarsi su prodotti e serie più ad ampio spettro per le famiglie e i giovani adolescenti portando tematiche più attuali.
Ovviamente siamo tutti a conoscenza, basta vedere il catalogo Netflix, per capire come la piattaforma non sappia che direzione prendere. Molte serie non arrivano alla seconda stagione, il catalogo è pieno di film e serie in Syndication anche e soprattutto fra i più visti mentre i prodotti originali ad ampio spettro finiscono nel fondo del catalogo, con l’eccezione dei documentari e docufiction Crime: Adolescence, Dahmer, la storia dei fratelli Menendez, il documentario su The Night Stalker e molti altri sono fra i pochi prodotti che rendono Netflix ancora appetibile.

Allora perché non rinnovare Mindhunter?
Holt McCallany, l’attore che interpreta Bill Tench, uno dei due protagonisti, avrebbe dichiarato che, a seguito di un colloquio con David Fincher ci siano delle speranze per un seguito alle due stagioni di Mindhunter.
Da due anni e mezzo infatti un gruppo di sceneggiatori sta lavorando ad uno script per concludere la storia iniziata nel 2017 sotto forma possibilmente di una trilogia di film e , se Fincher riterrà soddisfacente la sceneggiatura potrebbe entrare in produzione e nel giro di qualche anno potremmo avere il proseguo di una delle serie più interessanti e amate degli ultimi anni.

La notizia ha sicuramente il gusto di qualcosa di troppo bello per essere vero ed infatti, sebbene sia auspicabile il ritorno di Mindhunter, anche per il bene di una piattaforma come Netflix che fatica sempre più a tenere il passo con piattaforme come Amazon Prime, Paramount, Now e Apple TV, bisogna considerare di riportare un nutrito cast di attori, che nel mentre stanno procedendo su altri progetti, sul set e sperare che non solo gli appassionati ma anche lo spettatore normale che vide lo show al momento dell’uscita per poi passare ad altro, possa ritornare dopo tutti questi anni di attesa (sei in tutto più due anni di produzione almeno arriveremo a 8)
Notizia quindi da prendere con le pinze ma pur sempre una flebile speranza di resuscitare un capolavoro della narrazione seriale contemporanea.
Incrociamo le dita.