Aveva 16 anni Manuela Murgia quando, il 5 febbraio 1995, fu trovata morta ai piedi del canyon di Tuvixeddu, a Cagliari, all’interno della necropoli punica. Secondo la versione ufficiale dell’epoca, la ragazza si sarebbe tolta la vita gettandosi da un’altezza di circa 35 metri. Il caso fu archiviato come suicidio e non vennero mai individuate responsabilità penali.
Quel giorno, Manuela era uscita di casa nel pomeriggio e non aveva fatto più ritorno. Dopo ore di ricerche, il suo corpo venne rinvenuto in fondo al dirupo. L’ipotesi più stimata fu quella del gesto volontario: una caduta nel vuoto, nessun testimone diretto, nessuna traccia evidente di coinvolgimenti terzi.
I familiari non hanno mai creduto a questa versione. Per trent’anni hanno continuato a chiedere che si andasse oltre, che venissero verificate altre piste. Tra gli elementi che, già allora, destarono perplessità c’erano le condizioni in cui fu trovato il corpo: le scarpe della ragazza erano pulite, nonostante il terreno fangoso, e alcune ferite non sembravano del tutto compatibili con la caduta.
Nel 2024, a quasi trent’anni dalla morte, la famiglia ha ottenuto una nuova perizia medico-legale. Il dottor Roberto Demontis ha analizzato nuovamente la documentazione dell’autopsia e ha notato diverse incongruenze rispetto alla dinamica ipotizzata all’epoca. In particolare, secondo questa nuova analisi, le lesioni riscontrate sul corpo di Manuela non sarebbero compatibili con una semplice caduta. L’ipotesi avanzata è quella di un investimento stradale precedente alla caduta: Manuela potrebbe essere stata colpita da un’auto e poi trasportata sul ciglio del canyon per simulare un suicidio.
Sulla base di questi nuovi elementi, la Procura di Cagliari ha deciso di riaprire il fascicolo, stavolta per omicidio a carico di ignoti. I familiari, assistiti dagli avvocati Bachisio Mele e Giulia Lai, hanno chiesto anche la riesumazione del corpo per consentire ulteriori accertamenti e un esperimento giudiziale che ricostruisca le reali conseguenze fisiche di una caduta da quell’altezza.
Alcune testimonianze raccolte in questi anni raccontano che Manuela sarebbe stata vista salire su un’auto il giorno della scomparsa. È uno dei dettagli su cui ora si concentrano le nuove indagini, insieme ad altre anomalie rimaste sullo sfondo per decenni. In particolare, si torna a parlare della pulizia delle scarpe, del corpo ritrovato in una posizione considerata insolita, e dell’assenza di segni compatibili con una lunga camminata sul sentiero che porta al punto della presunta caduta.
Trent’anni dopo, il nome di Manuela Murgia torna così al centro dell’attenzione giudiziaria. Un caso archiviato troppo in fretta e mai veramente dimenticato. Adesso si indaga di nuovo, con strumenti diversi e con lo sguardo rivolto a una verità che, fino a oggi, non è mai emersa.