“Aemilia 220”, il docufilm della Rai che racconta il più grande processo alla ‘ndrangheta nel Centronord italiano
Era il 31 Ottobre 2018 quando si concluse il più grande processo di ‘ndrangheta nel Centronord, ben 240 imputati , centinaia di ore di intercettazioni, 125 condannati e 1700 anni di carcere di pene complessive, richieste dal pm Marco Mescolini della procura di Reggio Emilia. Un mastodontico processo frutto di oltre un decennio di indagini, intercettazioni e non solo nel mondo ‘ndranghetista dei Cutresi trapiantati dalla provincia di Crotone nella grigia pianura padana, ma anche fra imprenditori emiliani e insospettabili, e in mezzo a tutto questo l’apparato statale, le grandi opere come la linea ferroviaria ad alta velocità. Luoghi come Brescello, resi celebri dal Don Camillo di Guareschi, si tingono dei colori del nero criminale, della cruda realtà di un mondo nei toni del grigio dove il guadagno a tutti i costi, schiaccia la legalità, l’etica, la moralità corrompendo la quiete della pianura padana.
Aemilia 220, docufiction disponibile su RaiPlay dopo la prima messa in onda venerdì 23 Maggio 2025, ci racconta proprio questo pezzo di storia contemporanea, portando al pubblico documenti inediti e intercettazioni originali e ricostruzioni mediante l’utilizzo di attori.
Paolo Bonacini e Giovanni Tizian, Emiliano uno e Calabrese l’altro, sono le voci narranti che si alternano a raccontare una vicenda che ha dell’incredibile, una rete di corruzione che entra nelle nostre case, nella nostra quotidianità , che taglia il velo di ingenuità di noi spettatori convinti che questo genere di cose tocchino realtà lontane, relegate nell’immaginario del noir italiano. Ed è qui che il termine Docufiction acquista un tono atipico. A differenza delle ricostruzioni classiche delle docufiction d’importazione e stampo statunitense a cui siamo (tristemente) abituati, in cui attori non proprio di prima classe, recitano spezzoni della vicenda, qui la scuola italiana della narrazione documentaristica (e siamo maestri nel campo) costruisce un intreccio mai noioso utilizzando le originali (e sconvolgenti nella loro serena mancanza di morale) intercettazioni integrali come dialogo su cui gli attori si muovono negli spazi della cronaca. Viene spontaneo il paragone con la serie The Wire e come con The Wire crea uno svolgimento cronologico degli eventi contegnoso, livido e serrato che non eleva mai, nemmeno per riflesso spontaneo, le menti criminali a figure mitiche (si pensi ai documentari sulla Magliana). Una scelta stilistica ormai obbligata in tempi dove anche i peggiori criminali vengono mitizzati grazie alla finzione cinematografico televisiva. Bastano questi 87 minuti per darci un quadro completo della vicenda Aemilia e di un’Italia sicuramente ancora piagata da corruzione e avidità a tutti i livelli. Un’Italia che sta però acquistando coscienza e reagendo. Aemilia 220 ci mostra come ancora la notte sia buia ma forse l’alba non è più così distante. Si vedrà. Mai abbassare la guardia.