Pandemie, dalla ricerca scientifica una scoperta rivoluzionaria: ci salverà contro le nuove minacce
Lock down nazionali, ospedali allo stremo, gli appelli a stare in casa. E soprattutto, le tantissime vittime. Quelle del Covid-19.
Sono passati più di cinque anni, ma il ricordo della pandemia è ancora lì, incancellabile. Come incancellabili sono i mesi nelle nostre prigioni domestiche, i danni economici delle chiusure, quelli psicologici su bambini e adolescenti.
Danni che, in un eventuale futuro, potremo evitare. È in arrivo, infatti, una vera e propria rivoluzione scientifica capace di minimizzare gli effetti delle pandemie: un biosensore basato su una proteina ingegnerizzata capace di adattarsi e riconoscere nuovi virus, tra cui la proteina Spike di SARS-CoV-2, nei fluidi biologici.
L’invenzione – in corso di brevettazione – è firmata da un team di ricerca congiunto, coordinato dall’Istituto Nanoscienze del Consiglio nazionale delle ricerche di Modena (Cnr Nano) e dall’Università di Pisa (Dipartimento di Farmacia), in collaborazione con l’Università di Modena e Reggio Emilia e la Scuola Normale Superiore.
Il modello, descritto in un articolo pubblicato sulla prestigiosa rivista “Nanoscale”, si fonda su un nuovo approccio alla progettazione di biosensori, che ricorda il principio dei mattoncini Lego. Il cuore del sensore è una proteina ingegnerizzata che unisce tre funzioni in una sola sequenza: una parte centrale, ispirata al recettore umano ACE2, è progettata per legarsi alla proteina Spike del virus, se presente. La terza parte, contenente la proteina fluorescente verde (GFP), agisce come una “lampadina” e produce un segnale fluorescente quando il virus è presente. Al contatto con la proteina virale, il biosensore emette quindi un segnale luminoso facilmente rilevabile, consentendo un’identificazione rapida e precisa.
A spiegarci il suo meccanismo è Giorgia Brancolini, Senior Researcher del Cnr Nano di Modena, insieme a Eleonora Da Pozzo, Professore Associato del Dipartimento di Farmacia dell’Università di Pisa.
“Il biosensore è costituito da una proteina progettata con estrema precisione, come una sequenza di mattoncini Lego assemblati per formare una serratura intelligente. Questa struttura modulare gli permette di riconoscere una specifica “chiave” molecolare, come la proteina Spike del virus SARS-CoV-2: al contatto con essa, la proteina cambia conformazione e genera un segnale, come se si accendesse una lampadina. Grazie al De Novo design sui supercomputers, questa proteina può essere facilmente riprogettata per adattarsi a nuove mutazioni della Spike o a virus emergenti, rendendo il biosensore altamente flessibile e adatto a un contesto di rapida evoluzione virale”.
La proteina su cui è stato elaborato il prototipo è il SARS-CoV-2. Ma il biosensore potrà rilevare anche virus diversi, ed essere applicato in futuro per far fronte a nuove malattie infettive emergenti, incluse le pandemie. Tutto ciò grazie alla modularità, il suo vero punto di forza.
“Grazie all’integrazione tra ricerca sperimentale, modellizzazione molecolare e simulazioni sui supercomputers, è stato possibile selezionare con precisione i componenti e progettare un’architettura modulare, flessibile e facilmente adattabile. Ciò significa – prosegue Brancolini – che ciascun pezzetto del biosensore ha una funzione ben specifica. Il mattoncino che ha la funzione di riconoscere la proteina virale può essere modificato per adattarlo a rilevare nuovi virus”.
Quindi, “il pezzetto di sequenza del modello, che adesso riconosce la proteina Spike del virus SARS-CoV-2, può essere ‘rimodulato’ per riconoscere, per esempio, diverse varianti del Covid, cioè una proteina con una sequenza leggermente diversa. Le proteine virali che al momento possono essere considerate minacce per l’uomo, sono tantissime. Fra queste, il ‘virus delle scimmie’ o la Viaria”.
Ma la loro presenza in un fluido, grazie al biosensore di nuova generazione, potrà essere rilevata anche in quantità piccolissime e molto velocemente.
“Il biosensore è stato realizzato applicando sia le metodologie classiche di produzione di proteine ricombinanti, ma anche l’applicazione di tecnologie di nuova concezione, come per esempio la click-chemistry – sottolinea la Prof.ssa Da Pozzo – Grazie a queste conoscenze, derivate da ambiti diversi, abbiamo potuto realizzare uno ‘strumento’ capace di rilevare quantità minime di proteina virale con una sensibilità fino a livelli sub-nanomolari”.
Rapido, sensibile ed estremamente preciso. Grazie a queste caratteristiche, il nuovo ‘dispositivo’ rivoluzionerà il modo di affrontare le pandemie.
Tutto ciò consentirà in futuro un migliore controllo della diffusione dei virus.