Storica sentenza della Consulta sul riconoscimento dei figli alla nascita per entrambe le donne di una coppia gay
La Corte costituzionale: «Sì al riconoscimento alla nascita per entrambe le mamme per i figli delle coppie lesbiche».La Corte Costituzionale ha legalizzato il riconoscimento alla nascita dei figli delle coppie lesbiche. D’ora in poi i bambini nati in Italia dalle coppie di donne grazie alla fecondazione eterologa, fatta nei Paesi in cui è legale, avranno da subito due madri. Con la sentenza numero 68, depositata oggi, i giudici costituzionali sconfessano i disconoscimenti chiesti dal governo Meloni nel 2023 tramite una circolare del ministero dell’Interno Matteo Piantedosi che avevano portato a togliere una mamma a molti bimbi nati da coppie lesbiche, come nel caso di Padova.
Secondo la Corte costituzionale, l’articolo 8 della legge numero 40 del 2004 è costituzionalmente illegittimo nella parte in cui non prevede che il bambino, nato in Italia da una coppia di donne che hanno fatto ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita (pma) all’estero, sia riconosciuto anche dalla madre che non lo ha partorito ma ha dato il suo consenso alla fecondazione eterologa (la seconda mamma, cosiddetta madre intenzionale).
È la quinta volta che la legge 40 viene abrogata in una sua parte perché incostituzionale, a conferma del suo impianto ideologico e carente dal punto di vista del diritto. I giudici hanno così ritenuto fondati dubbi sulla costituzionalità della legge 40 sollevati dal Tribunale di Lucca, sul caso di un bambino a cui un sindaco della Lucchesia ha riconosciuto entrambe le madri. I giudici costituzionali non hanno aperto la pma alle coppie lesbiche in Itala ma hanno sancito definitivamente il riconoscimento dei loro figli. Il governo si era opposto.
I giudici hanno sancito che vietando il riconoscimento dei figli delle coppie lesbiche l’Italia aveva discriminato quei bambini. E che, come nel caso delle coppie eterosessuali, è l’impegno comune che una coppia si assume nel momento in cui decide di ricorrere alla pma per generare un figlio – impegno al quale, una volta assunto, nessuno dei due genitori, e in particolare la cosiddetta madre intenzionale, può sottrarsi – a determinare di fatto l’essere genitori. Hanno inoltre sancito che è l’interesse supremo del minore a far sì che debbano avere nei confronti della madre intenzionale (quella cioè che non lo ha partorito) gli stessi diritti che vanta già nei confronti della madre che lo ha messo al mondo.
Dalla considerazione di questi fondamenti discende che il mancato riconoscimento fin dalla nascita dello stato di figlio di entrambi i genitori lede il diritto all’identità personale del minore e pregiudica sia l’effettività del suo «diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni» sia il suo «diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale».
(Fonte Corriere della Sera)