Linea Oriente

Gli israeliani di oggi non sono quelli dell’antichità, la storia di un popolo e di una religione in luoghi da sempre turbolenti

Israel, “El” ovvero Dio prima di Dio. L’etimologia del nome di Israele non è chiara, o meglio è discussa, tuttavia si può affermare che El sia il nome che aveva Dio prima di chiamarsi Jahvè. Per semplificare El aveva anche una moglie e un pantheon, cioè una serie di altre divinità sottoposte. Questo perché il passato di quei luoghi, quindi anche degli antichi israeliti, è politeista. Ma alcuni fanatici (che ricordiamolo esistono in ogni religione e anche tra gli atei a volte) non vogliono accettarlo perché si sentono investiti da una missione dall’unico Dio in quanto popolo eletto. La storia di quei luoghi non è differente da quella di altre regioni limitrofe (forse a parziale eccezione dell’Egitto, che confina con l’area che definiamo Medio Oriente ma che sicuramente ha avuto una stabilità politica maggiore nel corso dei secoli): esse sono state terreno di conquista per tutta una serie di popolazioni e quindi di culture che hanno finito per sovrapporsi l’una con l’altra così come accade ovunque per altro.
Mettiamo allora un altro punto fermo: non possiamo in alcun modo confondere quei popoli con quelli odierni; così come noi italiani non siamo nella posizione di poterci considerare gli unici eredi di Roma, una civiltà che si estendeva su tre continenti, i moderni israeliani poco o nulla hanno a che vedere con gli abitanti originari di quello che è oggi lo stato ebraico (nato nel 1948) se non qualche traccia nel DNA. E va chiarito l’ennesimo punto, tanto dolente quanto evidente: gli abitanti di Israele sono per la maggior parte di origine europea, occidentale e orientale, oltre che statunitense. Si potrebbe azzardare che Israele sia la punta di lancia dell’Occidente conficcata in Medio Oriente. Ciò qualifica l’Europa come parte in causa a tutti gli effetti della crisi attuale. Io non sono certo un esperto ma è chiaro che il problema non è l’ebraismo in sé, tanto più che, come sappiamo, molti credenti ortodossi non sono in linea con lo stato sin dalla fondazione, così come alcuni settori della società israeliana sono insofferenti alle politiche aggressive dell’estrema destra messe in atto nei confronti degli arabi e, sempre più spesso, anche dei cristiani. Evidentemente nello stesso modo la pensano anche molti ebrei della diaspora altrimenti sarebbero emigrati nel nuovo stato. Per questi ultimi in realtà preferirei usare i termini “persone di origine ebraica” in quanto è vero che hanno conservato usi e costumi della cultura originaria, soprattutto in ambito religioso (cosa più unica che rara per un popolo disperso in tutti i continenti) ma fondamentalmente sono parte integrante delle popolazioni di altri paesi da generazioni.
Cerchiamo ora di capire un altro risvolto: le tavole della legge consegnate a Mosé dall’entità suprema. I dieci comandamenti in pratica. Dieci per i cristiani, che da una costola dell’ebraismo si sono staccati, altrimenti a quanto ne so i comandamenti sono oltre seicento. E non sono semplici raccomandazioni. Le tavole della legge vanno a definire in pratica lo spazio fisico e spirituale del popolo ebraico, si tratta a tutti gli effetti di un codice giuridico. Questo è un punto fondamentale per quello che sarà il rapporto della provincia della Giudea con la Repubblica cioè Roma, ma di questo tratteremo un’altra volta.