Violenta la figlia 13 anni di alcuni amici di famiglia quando aveva 16 anni, condannati dal Tribunale di Treviso anche i genitori a risarcire la vittima
A 16 anni violenta la figlia degli amici di famiglia, condannati oltre a lui anche i genitori, a risarcire la vittima, per non aver vigilato sull’educazione del figlio (culpa in vigilando e culpa in educando. Questa vicenda evidenzia l’importanza del ruolo genitoriale nella vita dei figli, con una responsabilità non solo morale di educare e vigilare, ma anche legale.La storia alla base del processo e della sentenza è questa: Una madre, un padre, la loro figlia di dieci anni e il figlio minore, ben 13 anni fa, si recano a trovare una coppia di amici con un figlio di sedici anni e un fratello più piccolo. I quattro bambini si chiudono nella camera del sedicenne per giocare, mentre i genitori rimangono in salotto ignari di quanto sta accadendo. Il ragazzo, con la forza, palpa le parti intime della bambina, che, scioccata, non riesce a reagire. La paura e la violenza subita la segneranno aper tutta la vita anche perché le carezze improprie sono state violente ed invasive. Quando la famiglia ospitante decide di andarsene, in auto la piccola scoppia a piangere e racconta tutto ai genitori, che decidono di portarla in ospedale a Treviso. Un ginecologo conferma l’avvenuto abuso sessuale che vista l’età della ragazzina per la legge è sempre violenza sessuale aggracvata. I genitori denunciano l’accaduto alle forze dell’ordine, ma serviranno tredici anni di processi penali e poi civili per arrivare alla conclusione di tutte le vicende giudiziarie legate all’evento traumatico.
Il processo.
Il giovane viene riconosciuto colpevole dal Tribunale dei minorenni di Treviso e condannato a una pena di un anno e due mesi. Nel frattempo, inizia anche il processo civile per il riconoscimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti dalla bambina, divenuta nel frattempo maggiorenne, e dai danni subiti anche genitori. Lo scorso 5 maggio 2025 si è arrivati anche alla conclusione del processo civile con la sentenza che condanna il ragazzo e la sua famiglia a risarcire la vittima e i suoi familiari con 130.000 euro.
Il processo civile fa emergere un elemento rilevante: i genitori del violentatore sono stati anch’essi condannati a pagare i danni alla vittima perché accusati di “culpa in educando” e “culpa in vigilando”. In altre parole, i genitori hanno l’obbligo legale di insegnare l’educazione e il rispetto degli altri, ma non solo: devono anche vigilare sulla comprensione e sull’assimilazione dei principi educativi da parte dei figli.
Il trauma e le sue conseguenze.
In base alla documentazione processuale, si evince come la giovane, a seguito dell’abuso subito, avrebbe sviluppato un disturbo da stress post-traumatico che avrebbe segnato profondamente la sua vita. La difesa del ragazzo e dei suoi familiari ha sostenuto in aula che il trauma avrebbe indubbiamente avuto un impatto significativo sulla vita della giovane, ma che la responsabilità sarebbe da attribuire anche ai genitori, i quali non sarebbero stati in grado di fornire un adeguato sostegno alla figlia dopo l’evento. Tale difesa, probabilmente volta a mitigare la posizione del ragazzo, è stata parzialmente confutata dai medici che hanno seguito la giovane nel tempo, confermando la tesi secondo cui il trauma avrebbe lasciato segni profondi, ma sottolineando anche come l’incapacità dei genitori di fornire un supporto adeguato alla figlia avrebbe influito in parte sul comportamento della figlia che è dovuta ricorrere ad aitu specialistici, ovviamente.
Conclusioni.
Questo caso di cronaca giudiziaria intende evidenziare l’importanza del ruolo genitoriale. In particolare, la legge riconosce la “culpa vigilandi” e la “culpa educandi” come vere e proprie norme, applicabili in processi come questo che possono ribaltare le responsabilità. Dall’altro lato, anche i genitori della giovane, forse scossi dal trauma della figlia, non sarebbero stati in grado di fornire un sostegno adeguato, soprattutto considerando che la ragazza, in età adolescenziale. Educare i propri figli non rappresenta solo un dovere etico e morale, ma anche legale, e soprattutto è fondamentale vigilare affinché i principi e le norme che regolano la vita sociale siano stati interiorizzati dai figli e messi in pratica, sempre. Altrimenti i danni dei figli potrebbero poi essere pagati dai genitori, come in questo caso.